Tutte le ombre del Napoli, Mazzarri insegue la svolta Champions

L'analisi di tutto ciò che non va nella squadra azzurra

Natan
Natan
Martedì 5 Dicembre 2023, 08:34 - Ultimo agg. 6 Dicembre, 07:22
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Non c' è più tempo per niente, se non per risalire. Ora o mai più. Peraltro De Laurentiis era stato chiaro: «Ci vorrà fortuna visto che mancano i terzini sinistri». Ecco, contro l'Inter è mancata la fortuna, non certo il coraggio. Guai a pensare che l'effetto Mazzarri sia già evaporato: non è così. O almeno meglio non pensarlo, sarebbe una iattura. La stagione è ancora lì, nulla è perduto per la qualificazione Champions. Il punto è che, da un certo momento in poi, si è rivisto il solito Napoli: quello che regala speranze o illusioni. Per 65 minuti c'è una certa quadratura. Poi, però, cominciano un po' tutti ad andare a rotoli, nonostante il match contro i nerazzurri imponga continuità di rendimento e di prestazioni, tenuta difensiva e tenuta di squadra. Diciamo anche un'altra cosa: i cambi non hanno convinto. Perché, sia pure col senno del poi, Mazzarri ha fatto uscire il migliore in campo, Politano, per spostare Elmas a destra, per poi piazzare anche Lindstrom (meglio far uscire l'opaco Kvara). Ma c'è anche un altro aspetto nella gestione delle sostituzioni: perseverare con Osimhen non è stata la mossa corretta. Considerando che nel giro di 8 giorni è balzato da un minutaggio di 30 minuti a uno di 45 e infine 90 minuti. Avendo Simeone in panchina, non proprio l'ultimo arrivato, il tecnico di San Vincenzo poteva pescare qualche soluzione migliore. Ma nessun processo, basta. Per adesso meglio concentrarsi sugli errori per evitare che si ripetano: con l'Inter, Mazzarri ha molto snaturato il suo Dna, facendo la partita e non subendola per sfruttare le ripartenze. Non si senta ostaggio del 4-3-3 o della chimera della grande bellezza. Anche se il primo tempo è il manifesto di come si debba giocare al calcio. Colpisce, però, la fragilità mentale dei campioni d'Italia. Come si può, parole del ds Meluso, mollare psicologicamente sia pure dopo un gol irregolare? E poi gli interrogativi sulla condizione, che sono ovvio il retaggio dell'era Garcia: nel finale si sono viste gambe imballate, reattività zero nei contrasti e dunque nel recupero palla, centrocampo slabbrato e fuori posizione forse per i nuovi adeguamenti: difficile attendersi energia in ripiegamento quando la benzina sembra non esserci.

Natan il rinforzo sbagliato

Gira e rigira, il punto è sempre lo stesso: con un utile di bilancio di 80 milioni di euro (più o meno) si può sostituire un fenomeno come Kim con una bella promessa, piena di muscoli e gioventù, come Natan che - parole di tutti - aveva bisogno di mesi e pazienza per potersi adattare al calcio italiano? Natan è il simbolo di un mercato gestito da Micheli e Meluso dove la poco convinzione ad andare all’assalto dei vari Kilman, Danso e Le Normand ha portato ad affidarsi alle riserve di Spalletti, ovvero Juan Jesus e Ostigard.

Natan è in un ruolo più grande del suo: recita alla Scala, ma non era pronto a farlo. Appena il livello cresce, come con Real e Inter, lui va in tilt. Il mercato del dopo scudetto è stato problematico: Natan, ovvio, ma basta vedere il minutaggio di Cajuste e Lindstrom (di cui non è neppure chiara quale sia la sua vera natura tattica) per comprendere come la squadra non si sia affatto rinforzata. E persino la partenza di Lozano, alternativa non di poco conto, sacrificata sempre all’altare del bilancio, viene rimpianta. Per non parlare dei troppi rinnovi di contratto lasciati in sospeso. A gennaio, De Laurentiis non farà nulla: perché non solo il timore è sprecare danaro per giocatori inutili ma anche perché è difficile trovare il prospetto giusto nella sessione invernale e al prezzo giusto.

 

Difesa poco attenta e mal supportata

Distanze tra i reparti, capacità di accorciare sull’uomo che entra, i tempi giusti per spezzare la linea. Sono diversi gli aspetti dai quali ripartire per Walter Mazzarri. Contro l’Inter si sono palesati tutti i mali dell’era Garcia, che sono impossibili da curare in così poco tempo. Quando il palleggio non funziona, allora il Napoli perde quelle distanze che non consentono un’uscita pulita della palla. Lobotka, per esempio, è stato troppo alternante. Senza questa uscita, la squadra si sfilaccia e subisce le azioni avversarie costringendo a profondi e spesso inutili ripiegamenti, come nel caso del secondo gol nerazzurro, quello di Barella. Nel primo manca quella capacità di stringere, come su Calhanoglu. Una linea difensiva rafforzata dai centrocampisti avrebbe reso più di complicata la vita al turco: non c’è un solo calciatore azzurro che legge l’inserimento dell’interista o, quantomeno, ne prova a stringere il campo visivo. Inoltre, sia Ostigard sia Rrahmani hanno spesso sbagliato il tempo per spezzare la linea su Thuram e Lautaro: aspetto che ha aperto varchi importanti alle iniziative della squadra di Inzaghi. Gli aspetti su cui lavorare non mancano: resta da capire che tipo di contromisure adotterà Mazzarri con il suo staff, in vista dello Juventus Stadium. 

Kvara-Osi, la luce si è spenta

Normali, opachi e quasi tristi; prima, e con loro, c’era una specie di profetica allegria che contagiava ogni cosa. Osimhen e Kvara, in questo momento, hanno la luce spenta. Campioni col freno a mano, quasi assenti. Tutti volevano di più, in una sera così, come quella con l’Inter. E invece, la risposta è deludente. L’alibi c’è, eccome se c’è per il nigeriano: reduce da un problema muscolare non di piccola entità, curato un po’ in Nigeria e poi a Castel Volturno, ha troppa fretta di bruciare le tappe e rientrare al top alla velocità della luce. Per questo, si espone a prove deludenti, come quella con l’Inter. Tanta buona volontà, un rigore procurato (perché quello di Acerbi è fallo netto) ma poi per il resto è un attaccante in ombra. Che ha giocato anche oltre quello che avrebbe dovuto, tenuto conto che c’è Simeone in grande condizione, così come dimostrato anche a Madrid. Due candidati al Pallone d’oro che sembrano due calciatori normali. Kvara, per esempio. Ovvio che patisce l’assenza alle spalle di un partner (e domenica sera non solo c’era Natan e non Rui o Olivera, ma mancava anche il sostegno di Zielinski nella cerniera di sinistra): in molti sanno anche come affrontarlo, deve dare davvero il massimo della fantasia per poter liberarsi degli altri.

Quel blocco di testa dopo il trionfo

Ingaggiare Freud, Adler e Jung è impossibile. Dunque le conseguenze psicologiche per l’errore di Massa vanno risolte per altre strade. Certo, come può la squadra più forte di tutte nella scorsa stagione andare in tilt con mezza partita ancora da giocare resta uno dei grandi dilemmi del nostro calcio. Il calo c’è anche sul piano fisico, è evidente. La squadra è meno incisiva e molto meno battagliera rispetto a qualche tempo fa. Serve un richiamo nella preparazione, ma quando visto che si gioca praticamente sempre in questo dicembre? Ma c’è anche un’evidente flessione mentale, come se dopo aver raggiunto lo scudetto il gruppo si sentisse appagato, come se non credesse di poter fare di più e di meglio: cosa che sarebbe grave. Pure Garcia ha sbattuto la testa contro questa specie di blocco. Per questo Mazzarri è chiamato a dare una scossa, visto che gli impegni incalzano, a cominciare da quello, delicatissimo, con la Juventus. Mazzarri sa che bisogna lavorare mentalmente, la squadra deve tornare a essere cattiva, come se non ci fosse mai una seconda possibilità. Quando giochi, se si va più forte degli altri, è più facile vincere le partite: ma è la convinzione che è venuta meno. Spalletti li ha forse spremuti all’inverosimile, di sicuro la metamorfosi è inspiegabile. 

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