Luciano Spalletti, nell'ultimo giorno da allenatore quasi libero (dal 1° settembre partono il contratto con la Figc e la sfida per portare la Nazionale prima agli Europei e poi ai Mondiali, magari provando a fare qualcosa in più), sale sul podio degli allenatori migliori d'Europa indicati da una giuria specializzata. Lo merita per lo scudetto riportato a Napoli dopo 33 anni, per il gioco espresso con la squadra e per aver centrato anche lo storico obiettivo di guidare gli azzurri ai quarti di finale Champions.
Certo, si sarebbe potuto fare di più, spingendosi fino alle semifinali o alla finale contro il City ma le partite col Milan arrivarono in una fase calante degli azzurri, peraltro costretti a rinunciare al bomber Osimhen nel primo round al Meazza: nel suo giudizio sferzante sul finale di stagione De Laurentiis dovrebbe tenerne conto.
Questo riconoscimento è un premio anche per il Napoli. Per il club e per i giocatori, per tutti coloro che hanno lavorato al fianco di Spalletti, a cui non resta che augurare buona fortuna per quanto riuscirà a fare con la Nazionale, abbandonata da Mancini. Certo, come nel caso del suo predecdessore, un po' di chiarezza in più non avrebbe fatto male. Era evidente, ancor prima del contatto con il presidente federale Gravina, che Spalletti non si era concesso un anno sabbatico perché era stressato e voleva dedicarsi alla famiglia.