Ogni campione che si rispetti ha i suoi riti. Prendete Victor Osimhen, dopo l'infortunio allo zigomo non fa più a meno di quella mascherina protettiva in carbonio, che in realtà non gli servirebbe più. Lui, però, la considera una forma di scaramanzia, lo fa sentire più sicuro, lo fa sentire un supereroe, un supereroe del gol. Ma non è certo l'unico rito del bomber azzurro.
Perché Victor ha una profonda fede religiosa. È un cristiano credente, molto credente. E non serve andare a scavare nel suo passato per scoprirlo, basta dare una rapidissima occhiata alle sue attività sui social. Praticamente non c'è post nel quale non rivolga un ringraziamento a Dio per la forza, per i successi, per i gol e per i risultati. Non perde mai l'occasione per lanciare il suo grandissimo messaggio di fede, confermandosi ragazzo dai valori profondi, di quelli che vanno al di là del campo. Da ultimo il festeggiamento per la rete del raddoppio realizzata contro la Cremonese: «Grato a DIO onnipotente», con la parola Dio scritta interamente in maiuscolo.
Il resto, invece, è storia nota, perché quello che sta facendo vedere in campo quest'anno è qualcosa di molto simile a un'immagine celestiale. E attenzione: il suo lavoro non si limita solo ed esclusivamente al contributo in termini di gol. Perché Osimhen si è reinventato leader carismatico di una squadra che oramai pende dalle sue giocate, ma non ne dipende. I compagni lo cercano e vorrebbero fargli segnare quanti più gol possibile per centrare anche il secondo obiettivo stagionale: la classifica marcatori. E lui ringrazia, anche se come ha detto Spalletti «i compagni lo cercano spesso perché vogliono fare gol e quando dai la palla a lui è più probabile che ciò accada». Di sicuro il suo contributo fin qui è stato fondamentale. I 17 gol (spalmati quasi tutti in campionato, più uno in Champions League) rappresentano la cartina del suo impatto devastante nell'economia del gioco del Napoli. Anche perché oggi Victor è un attaccante completo: si muove su tutto il fronte offensivo e ha imparato anche cosa vuol dire sacrificarsi per il bene della squadra. Corre come un matto su ogni pallone ed è il primo ad aiutare i compagni quando c'è da soffrire nella propria metà campo. È (anche) per questo che oggi Spalletti lo considera uno dei principali leader del suo Napoli, il giocatore che con i suoi strappi è capace di indirizzare l'andamento di una partita, ma anche di invertirlo se le cose non stanno andando nel verso giusto. Con Kvara ha composto una coppia delle meraviglie: non solo perché i due si cercano, ma soprattutto perché i due si trovano alla perfezione. Sembrano fatti l'uno per giocare al fianco dell'altro e, per fortuna di Spalletti, entrambi giovano con la maglia dello stesso colore. Una vera e propria benedizione, insomma, l'ennesimo disegno divino al quale Osimhen non smette mai di credere e che ringrazia costantemente.