Acqua scoperta nell’area di un sistema planetario in formazione: indizi sull'abitabilità

Gli astronomi si aspettano che in quella zona si formino pianeti rocciosi simili alla Terra

Una rappresentazione del disco intorno a PDS 70
Una rappresentazione del disco intorno a PDS 70
di Mariagiovanna Capone
Lunedì 24 Luglio 2023, 21:13 - Ultimo agg. 21:14
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Utilizzando il James Webb Space Telescope di NASA e ESA, il gruppo di ricerca MINDS (Miri mid-inrared disk survey) guidato dall’Istituto Max Planck a cui partecipa anche l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) ha scoperto l'acqua nella regione interna di un disco di gas e polvere intorno alla giovane stella PDS 70. Gli astronomi si aspettano che in quella zona si formino pianeti rocciosi simili alla Terra. Si tratta del primo rilevamento di questo tipo in un disco che ospita almeno due pianeti. Qualsiasi pianeta roccioso prodotto nel disco interno trarrebbe beneficio da un sostanziale serbatoio d'acqua locale, migliorando le possibilità di abitabilità in seguito. Questa scoperta offre la prova di un meccanismo per fornire acqua a pianeti potenzialmente abitabili già durante la loro formazione, oltre agli impatti successivi di asteroidi contenenti acqua. 

L'acqua è essenziale per la vita sulla Terra. Tuttavia, gli scienziati discutono su come ha raggiunto la Terra e se quel processo potrebbe anche rendere abitabili gli esopianeti rocciosi intorno ad altre stelle. Il meccanismo preferito è un'alimentazione da parte di asteroidi contenenti acqua che bombardano la superficie di un giovane pianeta. «Ora potremmo aver trovato prove che l'acqua potrebbe anche servire come uno degli ingredienti iniziali dei pianeti rocciosi ed essere disponibile alla nascita» afferma Giulia Perotti, astronoma al Max Planck Institute for Astronomy (MPIA) di Heidelberg, in Germania. È l'autrice principale di un articolo di ricerca apparso sulla rivista Nature che riporta il rilevamento dell'acqua intorno alla giovane stella PDS 70, a circa 370 anni luce di distanza.

«La scoperta di acqua intorno a PDS 70, una stella ancora in formazione e un po’ meno massiccia del Sole, ha un’importanza molteplice», dice Alessio Caratti o Garatti, ricercatore dell’Inaf di Napoli e co-autore dello studio. «Prima di tutto perché PDS 70 è l’unica stella giovane in cui sono stati osservati direttamente due pianeti in formazione (probabilmente dei giganti gassosi) posizionati nelle regioni esterne del disco. Quindi ci aspettiamo che ce ne possano essere altri di tipo roccioso in formazione nelle regioni più interne e non ancora osservati. Il fatto più importante è che l’acqua osservata è situata proprio in questa regione interna, quindi ora sappiamo che possibili pianeti in formazione hanno una riserva d’acqua da cui possono attingere».

Le osservazioni sono state effettuate sfruttando lo strumento Miri (Mid-Infrared Instrument) a bordo del telescopio James Webb.

Secondo l’analisi dei dati, l’acqua è sotto forma di vapore caldo, compatibile con una temperatura di circa 330 gradi Celsius.

PDS 70 è il primo disco relativamente anziano – l’età stimata è circa 5,4 milioni di anni – in cui gli astronomi abbiano trovato l’acqua. Nel corso del tempo, il contenuto di gas e polvere dei dischi che formano i pianeti diminuisce. Poiché studi precedenti non erano riusciti a rilevare l’acqua nelle regioni centrali di dischi simili, gli astronomi hanno sempre sospettato che potesse non sopravvivere alla radiazione stellare, portando così i pianeti rocciosi a formarsi in ambienti asciutti e aridi. Le osservazioni di Miri confermano, però, che dopotutto i perimetri interni dei dischi privi di polvere potrebbero non essere così asciutti. In tal caso, molti pianeti terrestri che si formano in quelle zone potrebbero già nascere con un ingrediente chiave per garantirne l’abitabilità.

Di pianeti rocciosi nel disco di Pds 70 non vi è traccia al momento, poiché sarebbero troppo deboli e vicini alla stella per essere osservati direttamente con gli attuali strumenti a disposizione. Pds 70 b e c sono gli unici due pianeti, gassosi, all’interno di questo sistema planetario. I due oggetti hanno accumulato polvere e gas orbitando attorno alla loro stella ospite, creando un ampio spazio anulare quasi privo di qualsiasi materiale rilevabile.

Ma da dove viene questo vapore acqueo? L’acqua trovata all’interno del disco potrebbe essere un residuo di una nebulosa inizialmente ricca di questa molecola. Un’altra fonte potrebbe essere polvere interstellare ricca di acqua e gas che entrano dai bordi esterni del disco di Pds 70. In determinate circostanze, l’ossigeno e l’idrogeno gassoso possono combinarsi e formare vapore acqueo. «La verità sta probabilmente in una combinazione di tutte queste opzioni», spiega Giulia Perotti, prima autrice dello studio e ricercatrice presso l’Istituto Max Planck per l’astronomia ad Heidelberg, in Germania. «Tuttavia, è probabile che un meccanismo svolga un ruolo decisivo nel sostenere il serbatoio d’acqua del disco Pds 70. Il nostro compito in futuro sarà scoprire qual è».

«Il James Webb Space Telescope sta rivoluzionando la nostra comprensione della formazione planetaria, rivelandoci la diversità e la ricchezza della chimica dei dischi, ovvero dell’habitat in cui i pianeti si formano», conclude Caratti o Garatti. «Il progetto Minds ha proprio lo scopo di studiare questo habitat in un numero significativo di stelle di tipo solare in formazione».

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