Ucraina, da Twitter a Meta la battaglia delle big tech contro la disinformazione in rete

guerra social
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di Domenico Giordano
Mercoledì 2 Marzo 2022, 17:09 - Ultimo agg. 6 Marzo, 11:56
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C’è un conflitto nel conflitto attualmente in corso in Ucraina. Da un lato si contrappongono sul terreno fisico gli Stati con le rispettive diplomazie, eserciti e milizie gli uni contro gli altri bellicosamente armati a guerreggiare. Dall’altro invece, c’è una battaglia digitale in cui sono impegnate le big tech, che sin dalle prime ore dell’invasione hanno messo in campo una serie di contromisure per non farsi trovare impreparate o, meglio, per evitare di trovarsi ancora una volta sul banco degli imputati perché ritenute hub principali nella diffusione di fake news, post-verità e hate speech, a danno della democrazia e della pace.

Domenico Giordano, Arcadia

In rete, infatti, è in atto una febbrile rincorsa di alcune aziende private, da Twitter a Meta, senza escludere Google e Youtube, a puntellare la propria reputazione con delle decisioni restrittive per gli utenti, adottate nel tentativo di sterilizzare la portata della propaganda bellica ma che inevitabilmente le porta a schierarsi a sostegno di una delle due parti.

La prima a prendere posizione è stata Twitter che già dal 26 febbraio ha avvisato i propri utenti, in particolare quelli che cercavano «informazioni credibili relative al conflitto ucraino», che avrebbe ridotto la portata, quindi la visibilità nei feed, di quei tweet che condividevano i link di siti web collegati alle autorità governative e applicato anche un’etichetta di alert.

Tutto ciò perché «la nostra priorità – scrivono da Twitter Safety - è rendere sicura l’esperienza degli utenti» sulla piattaforma. Dove per sicurezza s’intende l’esposizione a contenuti che veicolano informazioni vere e non partigiane. Due giorni dopo, esattamente il 28 febbraio, è un thread di Yoel Roth, direttore del trust e safety di Twitter a precisare i confini della nuova policy restrittiva: «oggi aggiungiamo etichette ai Tweet che condividono link a siti web di media affiliati al governo russo e stiamo adottando misure per ridurre significativamente la circolazione di questi contenuti. Distribuiremo queste etichette ad altri media nelle prossime settimane. Sin dall'invasione, abbiamo registrato più di 45.000 tweet al giorno che condividevano collegamenti a organi di stampa affiliati al governo russo».

L’etichetta funziona per similitudine come un qualsiasi marchio di filiera, in quanto avvisa l’utente che quel contenuto potrebbe essere non sicuro perché non veritiero perché generato da una fonte sovvenzionata direttamente da una delle parti in guerra, in questo caso dai russi. Ma Twitter, nel pacchetto delle misure adottato, ha deciso di sospendere gli annunci a pagamento in Ucraina e Russa e di monitorare tutti gli «account vulnerabili di alto profilo, inclusi giornalisti, attivisti, funzionari e agenzie governative per mitigare qualsiasi tentativo di acquisizione o manipolazione mirata».

 

Ma neanche a Menlo Park non sono rimasti con le braccia conserte, infatti in perfetta sincronia con Twitter anche Meta il 26 febbraio ha ufficializzato la strategia di contenimento «riguardo all’invasione russa in Ucraina: stiamo adottando misure approfondite per combattere la diffusione della disinformazione e implementando maggiore trasparenza e restrizioni intorno ai media controllati dallo Stato». (https://about.fb.com/news/2022/02/metas-ongoing-efforts-regarding-russias-invasion-of-ukraine/)

Così il 27 febbraio, Meta annuncia di aver «eliminato una rete gestita da persone in Ucraina e Russia che prendevano di mira l'Ucraina per aver violato la politica contro il comportamento non autentico coordinato. Gestivano siti web che si spacciavano per entità giornalistiche indipendenti e creavano personaggi falsi su molte piattaforme di social media tra cui Facebook, Instagram, Twitter, YouTube, Telegram, Odnoklassniki e VK».

L’ultimo aggiornamento, invece, è del 1° marzo, con il quale il centro operativo speciale messo in piedi da Meta in queste settimane precisa che per il controllo dei media finanziati dal governo russo è stato limitato «l'accesso a Rt.com e Sputniknews.com in tutta l’Unione Europa, stiamo retrocedendo a livello globale i contenuti dalle pagine Facebook e dagli account Instagram dei media russi controllati dallo Stato e rendendoli più difficili da trovare sulle nostre piattaforme. Abbiamo anche iniziato a retrocedere su Facebook i post che contengono collegamenti a siti web di media controllati dalle autorità governative russe e nei prossimi giorni, etichetteremo questi collegamenti e forniremo maggiori informazioni alle persone prima che li condividano o facciano clic su di essi. Abbiamo in programma di mettere in atto misure simili su Instagram».

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