Dalle miniere al riciclo, l'auto in pole

Dalle miniere al riciclo, l'auto in pole
di Nicola Desiderio
Mercoledì 19 Luglio 2023, 11:25 - Ultimo agg. 20 Luglio, 07:47
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C'era una volta un’industria che aveva deciso di fare il minimo indispensabile, riducendo il proprio ruolo a quello di punto finale di un complesso processo organizzato per fasce di fornitori.

Quell’industria era – anzi è – quella automobilistica che aveva imparato nel tempo a costruire i propri prodotti curandone fondamentalmente l’assemblaggio finale all’interno di una catena del valore molto corta. Al costruttore infatti non importava certo dove il fornitore della plancia prendeva i polimeri o quello dei sedili il tessuto e la pelle dei rivestimenti. L’avvento dell’auto elettrica sta cambiando radicalmente anche questo approccio e, se la case pensavano fino a qualche anno fa che bastasse la collaborazione con qualche società specializzata in semiconduttori o in elettronica per procurarsi le batterie, si stanno invece accorgendo che è necessario rivolgersi direttamente alle società di estrazione delle materie prime necessarie: Litio, Nickel, Rame, Manganese, Grafite e tutta una serie delle cosiddette terre rare con le quali si costruiscono anche i motori.

DIRITTI UMANI

A tal punto che stanno investendo direttamente sul minatore per blindare l’accesso a quei materiali. A spingere tale cambiamento ci sono anche altri motivi etici e di immagine. Molti di questi materiali infatti provengono da paesi dove i diritti umani sono perlomeno relativi e anche i bambini scendono in miniera. Inoltre l’estrazione del litio ha un forte impatto sul territorio, un’alta intensità di consumo di reagenti e di acqua e infine comporta una produzione stimata di CO2 pari a 1,05 miliardi di CO2, quanto Regno, Unito, Francia ed Italia messe insieme.

L’industria automobilistica che ambisce a diventare a zero emissioni e carbon neutral deve dunque intervenire direttamente per rendere sostenibili anche i primi anelli della catena a livello economico, ambientale e anche sociale. Non per nulla Stellantis fornisce un elenco di ben 519 fornitori che riguardano solo le batterie e ha iniziato una serie di investimenti in Australia come l’acquisto dell’8% di Vulcan Energy, del 19,9% della Kuniko e dell’11,5% di Alliance Nickel e ha messo 155 milioni di dollari nella McEwen Copper senza contare gli accordi con Terrafame, GME Resources, Element o NioCorp.

AZIONE DI TRASPARENZA

Anche BMW, Mercedes, Renault, Volkswagen e altre ancora sono impegnate in un’azione di trasparenza e di investimenti per non rimanere a corto dei materiali necessari a costruire le batterie, proteggersi dalle fluttuazioni speculative, proteggersi da ogni accusa di sfruttamento e recuperare il tempo perso nei confronti della Cina nelle cui mani passa almeno il 60% di materie prime ritenute strategiche, non solo a livello industriale. Non è infatti un caso che in questi giorni in Italia si stia parlando di riavviare il sistema nazionale delle miniere che sarebbe in grado di fornire 16 delle 34 materie prime definite “critiche” dall’Unione Europea Occorre anche potenziare il riciclo per diminuire impatto ambientale, costi e dipendenza da Paesi esteri, soprattutto all’interno di un quadro geopolitico in fermento. Il risultato è un’industria automobilistica che ha rafforzato la propria integrazione verticale allungando enormemente la propria catena del valore verso il prima e il dopo il semplice prodotto con un modello di business che oramai spazia dalle materie prime fino al loro approvvigionamento secondario attraverso il recupero completo del veicolo e il riciclo dei preziosi materiali che lo compongono.

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