Un milione e 136mila, è questo il numero di giovani specialmente laureati, che negli ultimi dieci anni è emigrato al Nord Italia; un dato ancora più allarmante per la Campania, che risulta essere la regione del Mezzogiorno con la percentuale di ragazzi in fuga più elevata, ben 329 mila (29%); di questi, 170 mila (il 15%) lasciano Napoli. Il dossier stilato dalla Caritas presenta quindi un quadro sconfortante per i giovani laureati campani, nonostante la Campania sia la regione che spende di più in formazione e istruzione, ovvero il 5,9% del Pil.
Non sono gli unici dati negativi per il futuro lavorativo dei giovani laureati; secondo il Digital economy and society index (Desi) stilato dalla Commissione Europea, l'Italia si trova al diciottesimo posto per livello di digitalizzazione.
«Oggi il digitale ha un ruolo chiave per lo sviluppo italiano. In questo ambito la Campania non se la passa bene. Secondo le ultime rilevazioni post pandemiche il 30% della popolazione campana non è raggiunto da una connessione decente. Inoltre, una famiglia su due non ha un computer in casa. Il ruolo del digitale in Campania così come in tutta Italia è focale perché senza di esso c'è emarginazione sociale», afferma Pasquale Incarnato, digital strategist napoletano.
Oggi il digitale rappresenta un'opportunità lavorativa per i giovani laureati. «I lavori maggiormente richiesti sono quelli racchiusi nella macro categoria dell'informatica - continua -, il problema è l'istruzione. I giovani che terminano l'università hanno poca competenza specifica e pratica a fronte di una preparazione molto teorica».
Ma qual è la soluzione per evitare che le competenze dei giovani del Sud emigrino al Nord Italia? Una di queste è il south working, ovvero il lavoro da remoto in Sud Italia.
«Le aziende del Centro e del Nord Italia che non hanno sede al Sud, hanno interesse a sviluppare lavoro nel Mezzogiorno», prosegue Pasquale. «C'è però bisogno che la politica investa in infrastrutture per favorire la remotizzazione, in modo tale che tanti giovani possano prestare la loro eccellenza qui».
«Affinché l'ecosistema digitale funzioni, tutti i player in campo devono fare la loro parte; le aziende sono pronte a investire al Sud ma allo stesso tempo le università devono fornire competenze pratiche mentre le istituzioni devono investire in educazione digitale e infrastrutture», chiosa Pasquale.