Maddaloni: l'ex Alcatel «svenduta» all'asta ma i soldi non bastano per pagare i debiti

Pagato un milione per una struttura che vale dieci volte tanto

L'ex Alcatel a Maddaloni
L'ex Alcatel a Maddaloni
Sabato 9 Settembre 2023, 09:03
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Precipita il contenzioso aggiuntivo, scatenato dalla vendita all'asta dello spettrale ex sito produttivo dell'Alcatel. Si scrive tecnicamente "liquidazione giudiziale", praticamente è stato chiesto il fallimento per la distribuzione del patrimonio residuo per sopraggiunta insolvenza. Battuta all'asta per una cifra irrisoria, circa un milione e 250mila euro, quasi un decimo del valore iniziale, non ci sono i fondi per pagare nemmeno il Tfr degli ex dipendenti che hanno aspettato per ben 12 anni. Contestata la graduazione dei crediti. Infatti, prima degli ex dipendenti, passano all'incasso, per circa 800mila euro, i professionisti e coloro che hanno provveduto alla gestione del sito in questi lunghi 11 anni. «L'importo ricavato è insufficiente - spiega l'avvocato Luigi Russo - pertanto tutti i lavoratori faranno richiesta in massa di ottenere copertura da parte del fondo di garanzia dell'Inps».

È un paracadute che non funzionerà per tutti. Gli ex operai potrebbero comunque perdere le spettanze dovute come incentivo all'esodo ed altri emolumenti maturati. Sebbene sia stata venduta un'area di oltre 49mila metri quadrati (composta da capannoni, palazzine uffici, piazzali e persino di un campo di calcio interno) si è concretizzato un impedimento oggettivo: il debitore non è in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. «Quindi il Comune - annuncia il sindaco Andrea De Filippo - farà ricorso e chiede il fallimento.

Non sono state onorati debiti erariali, sotto forma di Tari, ruolo idrico e Imu, per almeno 800mila euro. Pertanto, i soldi dei cittadini maddalonesi vanno tutelati e difesi».

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E così i contenziosi sul "Macrico maddalonese", ovvero una fabbrica gigantesca dalla controversa destinazione urbanistica, diventano tre. L'ente locale contesta, allo staff del commissario giudiziale Rampini (gestore del complesso, in nome e per conto della Mf Componenti Immobiliare e quindi della sezione fallimentare del Tribunale di Milano) nonché alla nuova proprietà lo stato di insicurezza e insalubrità del sito con annessa urgente omessa bonifica; l'inadempienza con il fisco locale, il vincolo della nuova scelta urbanistica. Innanzi al Tar, il commissario giudiziario ha chiesto l'annullamento del Puc per cambio di destinazione d'uso dell'area. La risposta del sindaco è caustica e perentoria: «L'area, in linea con le direttive regionali e provinciali, non sarà più destinata ad attività produttive ma a interventi di rigenerazione urbana, servizi e spazi culturali». 

 

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