Avventure in America latina per Rocco Schiavone, in missione non ufficiale. Il vicequestore trasteverino in forza ad Aosta, frutto della fantasia di Antonio Manzini, impersonato nella popolarissima fiction di Raidue da Marco Giallini, in Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Sud America? (Sellerio, pagine 152, euro 9,50, ebook 6,99, tredicesimo romanzo della serie), deve compiere un'impresa quasi disperata.
Di intervallo fra Elp e la prossima inchiesta del burbero Schiavone, il libro nel titolo ricorda un film di Ettore Scola con Alberto Sordi e Nino Manfredi e racconta la ricerca di uno degli amici più cari del vicequestore dai tempi della giovinezza: Sebastiano.
Manzini, che cosa induce Rocco a dare la caccia all'amico che lo aveva tradito e ingannato, ma anche amato e salvato, tacendogli però di essere al vertice della banda di trafficanti che aveva sparato a sua moglie?
«No, vuole solo fermare l'amico Furio impegnato in una missione che gli sembra del tutto inutile. Per lui Sebastiano era un discorso chiuso ancor prima della scomparsa, ma per gli amici no. Per cui parte insieme a Brizio per fermare Furio animato da un desiderio di vendetta verso Sebastiano, e Rocco questo non lo vuole. Il tradimento è ormai lontano nel tempo anche se ha rovinato la vita di tutti».
Insomma, si parla di amicizia: è davvero un valore?
«L'amicizia è un legame importante, gratuito, che non alimenta (e ammorbidisce) i contrasti, e questo è bello perché nessuno l'ha voluta, nessuno è stato costretto: ma se è nata, vuol dire che c'è affinità elettiva, amore, stima, affetto. E tutte queste cose sono importanti, per cui l'amicizia per Rocco è pura e sacrosanta».
I nostri quattro amici, però, sono un po' grezzi, a volte sembrano non avere cuore.
«Non avere cuore è anche un'arma di difesa per chi è vissuto sempre in mezzo alla strada dove mostrare cuore vuol dire mostrare debolezza ed essere sopraffatti. Ma loro il cuore ce l'hanno. Non amano parlarne, perché quasi si vergognano, hanno pudore nell'esternare i propri sentimenti e angosce. E l'amore. La goliardia diventa chiave vincente nei loro rapporti, cresciuti come sono nell'aggressività verbale e fisica. Non saprebbero fare diversamente: sono abituati così. Sono quattro amici cresciuti in un quartiere romano povero e la sola scuola è stata la violenza».
Nel personaggio dell'ex terrorista Stefano Coccinelli che i nostri incontrano in Argentina, è individuabile qualche espatriato reale?
«Perché no? Coccinelli è un personaggio che non è mai esistito, anche se le storie dei terroristi sono sempre le stesse. Scappati dall'Italia, sono andati a servire orrende dittature».
Lei scrive: «Capitalismo e liberalismo hanno conquistato il timone e la nave mondo subisce solo»: un quadro sconfortante direi. Da cosa lo deduce?
«Da tutto: da come viviamo, da come ci raccontiamo, da come consumiamo, da come ci mangiamo questo pianeta. Il profitto è diventato l'unico pensiero, l'unico motivo per cui si opera: così stanno le cose tranne rare eccezioni. Il profitto significa ammazzare tutti i valori umani, culturali, antropologici, sociali. Il profitto è al centro di tutto e giustifica tutto. Non credo che ci sia una via di ritorno, ma solo un lento avvicinamento per schiantarci contro un iceberg».