Pizza Village, perché le focacce
non c'entrano con la nostra pizza

Pizza Village, perché le focacce non c'entrano con la nostra pizza
di Luciano Pignataro
Lunedì 5 Settembre 2016, 09:56 - Ultimo agg. 10:40
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Il Pizza Village apre dopodomani. Un appuntamento che riassume nel migliore dei modi possibile il rapporto viscerale che lega Napoli alla pizza. Che è una cosa ben distinta dal pane e dalla focaccia perché lo stile napoletano fonde subito nel palato tutti gli ingredienti mentre altrimenti la componente «panosa» è sempre ben distinta da tutto il resto.

L'impasto, molto elastico perché idratato oltre ogni limite, è il vero cuore della pizza napoletana, il tratto distintivo che la mette in un campionato differente rispetto agli altri stili di recente formazione che troviamo sparsi un po' in tutte le regioni. Ed è quello che più si sta affermando in Italia e nel mondo proprio per questa sua peculiarità tipica e immediatamente distinguibile.

Il Pizza Village è anzitutto una grande festa popolare, piena di famiglie con i bambini che ad un modico prezzo possono permettersi di vivere una delle serate più affascinanti sul lungomare più bello del mondo. Il carattere popolare della pizza è l'altro elemento che distingue lo stile napoletano. Le esasperazioni che leggiamo in giro sono lontane dal vitalismo di questo cibo che si cucina e si mangia in pochissimi minuti.

La ricerca va bene, le prove di abbinamento anche, il miglioramento degli ingredienti è fuori discussione. Ma il successo apre le porte a quelli che cercano il successo con scorciatoie mediatiche che, a differenza delle tradizionali, hanno il fiato corto.

Torniamo sul tema dell'integrale che la dice lunga su come la mancanza di equilibrio possa portare ad esaltare solo un aspetto della nutrizione quotidiana ignorando tutti gli altri. Inutile girarci attorno, con la farina integrale la pizza fa schifo o è una focaccia. E se non è integrale biologico è addirittura pericoloso per la salute.
C'è poi la moda della pizza gourmet, un aggettivo che al pari di altri che vengono usati senza un codice, vuol dire e nulla, come pane cafone e carne paesana. Un uso che dovrebbe spesso interessare più la repressione frodi che un consumatore attento e colto.

Infine vediamo che c'è da parte di alcuni il gioco a smarcarsi, a prendere le distanze dalla pizza napoletana giocano sui luoghi comuni antimeridionali. Come ben sanno gli studiosi di storia risorgimentale, i promotori dei luoghi comuni contro il Sud sono stati gli stessi fuoriusciti che non avevano la forza e il consenso per cambiare politicamente le cose in casa propria. Questo meccanismo si ripete puntualmente in tanti settori in cui anche la pizza. Perché c'è poco da fare, senza Napoli non esisterebbe la pizza e chi rinnega questa verità è solo un apostata gastronomico che pensa al piccolo vantaggio, all'opportunità e non al progetto.

Pizza Village ha una grande ambizione perché finalmente guarda fuori Napoli non in maniera subalterna, ma per esportare un modello vincente, che sta facendo da volano a tanti artigiani dell'agroalimentare del Sud che senza questo movimento, individualista ma corale, avrebbero già dovuto chiudere le loro aziendine. Pizza Village guarda all'Oktoberfest e le ultime due stagioni turistiche della nostra città ci dicono che non è un sogno, non è velleitarismo.

Una città che sarà sempre più bella è moderna quando avranno chiuso i cantieri della metropolitana, una città che ha sempre accolto tutto e tutti, soprattutto quelli che ne parlano male. Monaco celebra un prodotto inventato dagli egiziani, noi sul lungomare festeggeremo per una settimana un cibo nato qui, identitario e capace di farsi conoscere ovunque nel mondo e non abbiamo proprio bisogno di inventarci nulla per raccontarlo.
 

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