Napoli. Pianura, la galleria abbandonata: due chilometri tra fango e infiltrazioni

Napoli. Pianura, la galleria abbandonata: due chilometri tra fango e infiltrazioni
di Paolo Barbuto
Martedì 24 Febbraio 2015, 08:56 - Ultimo agg. 14:34
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Un fiume d’acqua al posto dei binari, una pioggia continua e costante dalla volta, ogni tanto una parete franata. Poi il fiume d’acqua diventa fango; cinque, dieci, venti centimetri di sabbie mobili che imprigionano le scarpe: è il terreno di via Campanile che è franato qui dentro e s’è mescolato con l’acqua dell’assurdo fiume sotterraneo.

Dentro la galleria Camaldoli, nel sottosuolo di Pianura, a ogni passo viene un brivido perché pensi che lassù ci sono strade, palazzi, persone; e pensi pure che tutta quell’acqua che viene giù potrebbe sfondare la volta del tunnel in un altro posto qualunque, e causare un’altra voragine immensa come quella che s’è aperta domenica mattina.

All’inizio non hai paura. C’è la luce dell’imbocco della stazione di Pianura che illumina il percorso, poi subito dopo c’è la stazione Trencia che è abbandonata, ma affaccia direttamente sulla fermata ancora in funzione. Pure se i treni della Circumflegrea non passano perché la linea è interrotta, per prudenza, i video della stazione sono comunque accesi e la vocina femminile che ripete «i signori viaggiatori sono invitati...» rende surreale la situazione.

La galleria Camaldoli è in disuso da anni. Corre parallela a quella che i treni abitualmente percorrono per raggiungere Pianura dal Rione Traiano si trova solo dieci metri più a sinistra e dieci metri più in alto ma il percorso è identico. Doveva essere rimessa a nuovo per raddoppiare la linea e favorire il traffico della Circumflegrea, è stata abbandonata da più di un decennio per mancanza di fondi. E quell’abbandono è plateale, spaventoso. Domenica mattina una porzione della volta di quella galleria è collassato e s’è trascinato dentro tutta la strada che stava sopra: «Colpa dell’acqua che ha reso il terreno troppo pesante - spiega il direttore d’esercizio Neola - non colpa della struttura». Il problema, però, è che quella stessa acqua sta evidentemente inzuppando il terreno lungo tutto il percorso di quella galleria: e se cedesse in un altro punto? Neola è lapidario «gocciolamento normale, nessun allarme.

Anche se, ovviamente, controlleremo».

Sì, forse sarà meglio andare lì sotto e controllare perché ciò che noi abbiamo visto ieri è tutt’altro che rassicurante.

Superata la stazione Trencia, lasciate alle spalle luce e vocina suadente della signorina del video, ogni cosa assume un aspetto diverso, tetro, spaventoso. Lì sotto i rumori non arrivano. Ci dovrebbe essere il silenzio assoluto, e invece c’è lo straziante suono delle gocce d’acqua che cadono dall’alto, in alcuni punti lente, in altri più ritmate, in altri ancora non sono gocce ma fontanelle che piovono dal soffitto e vanno ad alimentare il fiume. Già, un vero e proprio fiume d’acqua nel letto che dovrebbe ospitare i binari.

Il primo tratto del percorso mostra i segni dei primi lavori di ristrutturazione. La galleria non ha una volta a botte ma un soffitto realizzato con lunghe barre di cemento armato: il ferro, devastato dall’acqua infiltrata, sta esplodendo, l’aggressione dell’umidità è palese anche se, chissà perché, sapere di avere del poderoso cemento sulla testa mette tranquillità. Forse non dovrebbe essere così perché tutta quell’acqua che preme dall’alto imprime, comunque, una pressione esagerata, sostenibile chissà fino a quando.

Poi si arriva al punto in cui la struttura cambia volto. Sopra la testa non c’è più il cemento recente ma i mattoncini del 1950. Anzi, quel che si intuisce di quei mattoncini che sono stati maltrattati dall’umidità e hanno cambiato colore: ora sono completamente bianchi di muffa, ora totalmente neri di umidità. Però attraverso le fughe dei mattoncini, l’acqua che cola dall’alto trova strade differenti che, quasi, l’accompagnano fino al fondo della galleria. Così in questa zona il gocciolìo è meno evidente, ci sono, piuttosto, dei fiumiciattoli che si appoggiano sulla curva della galleria e vanno ad alimentare il fiume dei binari. Anche qui l’acqua è tanta, troppa. Anche qui pensi che sopra la testa ci sono palazzi e vie, negozi e scuole, e speri che tutta quell’acqua non diventi un peso insopportabile, così come è accaduto qualche metro più avanti.

Il percorso è agevole finché ci sono le banchine laterali, quelle predisposte per il transito dei manutentori che non «manutengono» da troppi anni, poi quando le banchine spariscono bisogna farsi una ragione e scendere nel letto del fiume, con l’acqua che arriva prima alle caviglie, poi sempre più sopra. Ai lati della galleria, di tanto in tanto, si scorgono piccoli cumuli di macerie. A volte sono palesemente i residui dei lavori d’un tempo, e non ti vengono i brividi. La paura sale, invece, quando capisci che quei massi che vedi ai lati della galleria, si sono staccati dalle pareti, chissà quando, chissà per quale motivo. Di certo nessuno se ne deve essere accorto, altrimenti avrebbe lanciato un allarme. o almeno avrebbe chiesto una verifica.

Il silenzio che corre fra una fonte d’acqua e l’altra è riempito da un rumore sordo e costante, come un terremoto infinito. È il rumore di Pianura che vive e si muove lassù. E Pianura, quando qui passano i treni, riceve lo stesso trattamento: rumore e tremori che salgono in superficie. «Ai macchinisti viene imposto di rallentare fino a 20 km orari quando passano nella galleria Camaldoli - spiega Enzo Pinto, sindacalista della Cisal - perché i residenti delle abitazioni sovrastanti hanno problemi, sentono troppe vibrazioni». Ma siccome la galleria nella quale passano i treni e questa, che è crollata domenica scorsa, sono vicinissime, il sindacato lancia l’allarme: «Esigiamo chiarezza sulla tenuta dei tunnel dove passiamo decine di volte ogni giorno. È un dovere verso la popolazione e anche verso noi lavoratori», tuona Pinto.

Forse è vero. Scendere qui sotto per dare un’occhiata non sarebbe male. Così, se è vero che infiltrazioni e crolli sono nella normalità, la gente di Pianura può rasserenarsi e non avere più paura che accada quel che è successo a via Campanile.

E quel che è successo nella strada laterale del quartiere lo scopri, a tue spese, avanzando nella galleria crollata. A un certo punto sembra che il fiume d’acqua si cancelli. Tirare un sospiro di sollievo è un errore. L’acqua non è andata via: s’è solo mescolata con la terra che reggeva la strada al di sopra ed è diventata melma, fango che imprigiona i piedi e rende difficilissimo avanzare. Il viaggio, però, si conclude dopo pochi passi ancora: nel buio la torcia illumina una porzione della galleria che sembra avere un colore diverso. È semplicemente colma di terreno fino in cima, non si può più procedere nel viaggio dentro l’inferno. Lì dietro c’è l’automobile che è stata ingoiata dalla voragine, lì dietro c’è il cemento fresco che viene gettato dall’alto nel tentativo di riempire la voragine. Sopra le teste ci sono mattoncini zuppi d’acqua, e più su c’è terreno impregnato d’acqua: e se quell’acqua rendesse troppo pesante anche il terreno che c’è qui sopra? Meglio andare via, meglio tornare in superficie.