Omicidio Vassallo, il carabiniere undici ore dal pm: «Delitto premeditato»

Sindaco di Pollica ucciso, le accuse a Cagnazzo: «Fu una imboscata per coprire il narcotraffico»

Angelo Vassallo
Angelo Vassallo
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Mercoledì 17 Gennaio 2024, 23:46 - Ultimo agg. 19 Gennaio, 07:26
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Un interrogatorio fiume davanti ai pm che indagano sul delitto di Angelo Vassallo. Undici ore filate (tranne una breve pausa pranzo) per rispondere a domande sulla peggiore notte cilentana - quella del 5 settembre del 2010 -, in cui venne massacrato il sindaco di Acciaroli. Quattordici anni dopo il delitto, la Procura di Salerno fa registrare una nuova mossa, nel corso dell’inchiesta che punta a ricostruire responsabilità e moventi dell’omicidio del sindaco pescatore.

Lunedì scorso è stato infatti interrogato il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, a distanza di un anno e mezzo dal decreto di perquisizione che venne spiccato proprio dai pm salernitani nell’estate del 2022. Dunque, una possibile svolta, anche alla luce di quanto viene ipotizzato dai pm nell’invito a comparire. Da brividi l’ipotesi battuta dagli inquirenti: Cagnazzo è accusato di concorso in omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dal fine camorristico.

Lui, che vanta indiscutibili successi sotto il profilo investigativo proprio contro camorra e clan mafiosi, è stato inserito in un preciso scenario criminale: avrebbe contribuito a organizzare l’omicidio di Vassallo, creando i presupposti per un depistaggio costruito a tavolino. Una messa in scena - scrivono gli inquirenti - che serviva a far cadere le accuse del delitto su un pusher di origini brasiliane, che - alla luce anche della prova stube - sarebbe invece risultato poi estraneo al delitto. E non è tutto. L’ufficiale avrebbe anche svolto un ruolo nella fase conclusiva dell’agguato, quella dell’esecuzione materiale. 

Sul punto, gli inquirenti non chiariscono chi avrebbe esploso i sette colpi che hanno spezzato la vita del sindaco di Acciaroli, ma non esitano a parlare esplicitamente di una vera e propria «imboscata»: quella in cui l’assassino e il sindaco si guardano negli occhi, quando - al suo rientro a casa - Vassallo abbassa il finestrino della sua auto per fissare il volto di chi premerà il grilletto. Cagnazzo non è l’unico nome sotto inchiesta, bene chiarirlo. Ora come due anni fa, in occasione dei decreti di perquisizione, l’ufficiale risponde in concorso nell’omicidio assieme ad altri nomi. Come quelli dei Ridosso (padre e figlio), di Maurelli (deceduto anni fa), come quello di Cafiero, presunto narcos di Torre Annunziata che entra in questa nuova fase investigativa. Inchiesta condotta dalla procura di Giuseppe Borrelli, torniamo alla giornata di lunedì. Una maratona. A condurre l’interrogatorio, oltre al procuratore di Salerno Borrelli, anche il pm Marco Colamonici (in servizio in Calabria, ha conservato la delega a indagare sulla storia di Vasallo), e i pm della procura locale che hanno ereditato il fascicolo.

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Difeso dalla penalista napoletana Ilaria Criscuolo, Cagnazzo ha risposto all’invito a comparire, mostrando tutta la sua determinazione a replicare alle accuse e a dimostrare la piena integrità di uomo e di militare. Poteva avvalersi della facoltà di non rispondere, non lo ha fatto, incrociando così un percorso dialettico che probabilmente ha fatto leva sul contenuto delle perquisizioni avvenute nel 2022, ma anche sulla scorta di alcune intercettazioni finite agli atti. Come è noto, Cagnazzo non è l’unico militare sotto inchiesta in questa storia. La Procura infatti ipotizza una sorta di patto con il carabiniere Lazzaro Cioffi, suo attendente di fiducia negli anni del lavoro svolto nell’area metropolitana napoletana, in passato condannato per fatti di droga, per collusioni con i narcos di Caivano (ma Cioffi, difeso dall’avvocato Saverio Campana, respinge le accuse di omicidio). 

Una ricostruzione che va calata in un contesto segnato dal narcotraffico. Anno 2010, Acciaroli meta esclusiva del turismo. Fiumi di cocaina, il sindaco si mostra deciso a denunciare narcos, pusher e presunti custodi in divisa. Una determinazione che spinge i killer a organizzare il delitto. Stando ai pm, l’omicidio del sindaco era l’unico modo per tutelare gli interessi assicurati dallo smercio di cocaina, su tutto il litorale cilentano, in quello scorcio di estate del 2010. Un omicidio premeditato, che serviva a evitare che saltasse il banco. E a impedire che il sindaco facesse accuse precise su presunte collusioni tra esponenti delle istituzioni, camorristi e imprenditori in odore di camorra. Ed è in questo scenario che, appena un mese fa, la Procura di Salerno ha ascoltato il pentito Raffaele Imperiale, ex broker del narcotraffico, che ha mostrato di conoscere la storia di Lazzaro Cioffi e delle presunte collusioni al Parco Verde. Tessere di un puzzle difficile da ricomporre, 14 anni dopo: un puzzle che ora deve fare i conti con la verità di Fabio Cagnazzo, messa agli atti dopo 11 ore di interrogatorio in Procura. 

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