Vecchioni: «Il mio reading a Salerno
per salvare la Fondazione Gatto»

Vecchioni: «Il mio reading a Salerno per salvare la Fondazione Gatto»
di Erminia Pellecchia
Martedì 8 Novembre 2016, 07:55 - Ultimo agg. 23:04
3 Minuti di Lettura
SALERNO - «A Salerno non c’è una “casa” per Alfonso Gatto? Come è possibile che la città, la sua città, non abbia ancora reso onore ad uno dei poeti più grandi del Novecento? Farò di tutto per sollecitare la memoria, voglio essere tra i testimoni di questa importante battaglia civile, al fianco della Fondazione a lui intitolata. Sto girando l’Italia per promuovere il mio ultimo libro, “La vita che si ama”, ho molti impegni ma do la mia disponibilità fin da ora a trovare una data per un incontro di parole, musica e poesia che dedicherò a lui. Non bado certo ai soldi, è una cosa giusta da fare». Roberto Vecchioni, umanista ed artista, tra i padri storici della canzone d’autore italiana e l’attività di scrittore che corre parallela, è tra i “gattiani” doc che si sono mobilitati dopo la notizia che la Fondazione Alfonso Gatto ha dovuto lasciare, per problemi economici, la piccola sede che aveva preso in fitto nel centro storico salernitano. «Bisogna avere memoria della storia, è doveroso», invita.

Vecchioni spiega di aver scoperto Gatto a 15-16 anni: «I miei acquisti li facevo sulle bancarelle e un giorno mi capitò tra le mani l’antologia di poesia italiana contemporanea di Giacinto Spagnoletti. C’erano anche pagine di Gatto, ricordo ancora l’emozione provata nel leggere “Carlo Magno nella grotta”, mi colpì quel lessico straordinario, totalmente diverso da quello sintetico di Ungaretti, l’elaborazione concettuale, il modo di utilizzare gli aggettivi, il senso evocativo che è sempre presente nelle sue liriche e nelle sue prose. Chiudi gli occhi e le parole diventano visioni. Ho letto tutte le sue opere ed ho un solo rammarico, quello di non averlo mai incontrato. Così come mi dispiace che in Italia sia tra i poeti meno conosciuti. Ma è la sorte di altri grandi poeti, come Sanguineti».

Ma la poesia non sembra essere più di moda... «Sì - aggiunge il cantautore - la poesia vera non è più di moda, e non solo quella di autori e autrici contemporanei che, purtroppo, sono fuori dai programmi scolastici. Penso ad Alda Merini, a cui ho voluto, ricambiato, molto bene; a quel macigno di bellezza che è la produzione di Wislava Szymborska; alla sensibilità esistenziale di Beatriz Comtessa de Dia, al coraggio di questa cantastorie del 1200. Mi sento come lei, un trovatore. La poesia è amore, rivoluzione, cambiamento, e quando non si ascoltano più le voci dei poeti decade la società. Gatto sapeva la sacralità del rompere le righe, era uno contro, come me. Forse, per questo, è stato condannato alla solitarietà. Una “casa” per Gatto è un passo da compiere. Bisogna combattere per la luce, ci devono essere i cavalieri della luce: educatori, giornalisti, scrittori, è un obbligo morale».
© RIPRODUZIONE RISERVATA