«Ad Avellino l'inquinamento dell'aria non va trattato come un fatto emergenziale, come un episodio isolato. Ciò che serve è la pianificazione da parte delle istituzioni». Così Antonio Di Gisi, presidente di Legambiente Avellino, commentando la settimana nera che ha visto il capoluogo irpino e il suo hinterland boccheggiare sotto una coltre formata da polveri e fumo prodotti dai roghi agricoli appiccati nei noccioleti.
«Ciò a cui tutti abbiamo assistito qualche giorno fa - dichiara - quando l'aria è diventata oggettivamente irrespirabile, poteva essere evitato, perché era ampiamente prevedibile. Non è stato un caso sporadico. Ad Avellino e nella Valle del Sabato ormai siamo abituati a respirare polveri sottili».
«In questi anni - sottolinea Di Gisi - sono state sprecate tante occasioni che sarebbero potute essere utili per avviare sul nostro territorio seri percorsi verso la transizione ecologica». Dei percorsi, quelli che Legambiente continua strenuamente a promuovere, che non riguardano solamente il settore agricolo, ma tutte le attività umane, dirette e indirette, che, sommandosi, generano l'inquinamento atmosferico. «Oltre agli abbruciamenti - spiega il presidente dell'associazione - bisogna fare i conti con il traffico congestionato, le emissioni industriali e il riscaldamento domestico a base di combustibili fossili». Un problema complesso, dunque, che viene acuito pure dalla scarsa regolamentazione e dalla mancata vigilanza. «Abbiamo constatato - afferma rammaricato - che mercoledì non c'è stato nessun intervento tempestivo da parte delle istituzioni territoriali».
Legambiente Avellino, perciò, lancia un appello alla politica locale, proponendo delle misure di urgente applicazione. Un piano in tre punti, che prevede: il coinvolgimento attivo dei cittadini, sensibilizzandoli alla lotta per il miglioramento della qualità dell'aria; l'adozione, da parte degli Enti territoriali, di piani che incentivino le buone pratiche; e, allo stesso tempo, più controlli e sanzioni per chi nuoce all'ambiente. Delle soluzioni applicabili anche per arginare il fenomeno degli abbruciamenti, sul quale ora è più alta l'attenzione collettiva. «Gli sfalci derivanti dalla pulizia delle campagne - chiarisce - possono, e devono, essere smaltiti con un metodo alternativo. Questi residui, cioè, vanno conferiti, come avviene per gli altri rifiuti. Servirebbe innanzitutto una regolamentazione ad hoc stilata dalle singole Amministrazioni, a cui far seguire una campagna informativa diretta agli agricoltori, perché - conclude Di Gisi - non si può risolvere il problema solamente attraverso dei divieti». Quindi le soluzioni ci sono, ma di fatto restano mera teoria se manca la volontà politica.