Covid ad Avellino, rivolta al Moscati:
«No ai tamponi ogni 48 ore»

Covid ad Avellino, rivolta al Moscati: «No ai tamponi ogni 48 ore»
di Antonello Plati
Domenica 13 Febbraio 2022, 11:28 - Ultimo agg. 19:03
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Di fare un tampone ogni 48 ore, per prevenire i contagi all'interno dell'ospedale, non va proprio ai medici e agli infermieri dell'Azienda Moscati.

Le parti sociali, Anaao-Assomed e Funzione Pubblica Cgil in prima linea, contestano il provvedimento assunto la settimana scorsa dalla direzione medica di presidio dopo l'aumento di casi che, in particolare, coinvolgono pazienti ricoverati in diversi reparti per curare patologie diverse dal Covid-19 che, però, hanno finito per contrarre l'infezione durante la degenza (erano stati ricoverati dopo l'esito negativo di un test molecolare).

L'Anaao-Assomed ha scritto al direttore sanitario Rosario Lanzetta per chiedere un incontro sulla questione.

Medici e infermieri del Moscati sostanzialmente sostengono che con tre dosi di vaccino non sia necessario fare un tampone ogni 48 ore. Una misura, secondo i camici bianchi, che tende ad assimilarli a coloro i quali non si sono vaccinati. Altri fanno notare che si tratta di una disposizione troppo severa se paragonata a quanto fanno in altre strutture campane come il Cotugno di Napoli (ospedale specializzato per le malattie infettive), dove è previsto solo un tampone molecolare ogni 7 giorni, o il Cardarelli dove i dipendenti lo fanno ogni 15 giorni. La segretaria generale della Funzione pubblica Cgil di Avellino, Licia Morsa, accusa: «Il protocollo non è stato condiviso con noi, quindi le motivazioni di una tale stretta possiamo solo ipotizzarle ma non le conosciamo».

Quindi commenta: «Sono scelte drastiche e in alcuni casi anche dure da sopportare, in particolare per una parte del personale che effettivamente non necessiterebbe di uno screening tanto impegnativo. La mancata condivisione ha naturalmente portato come conseguenza che la maggioranza del personale che le ha subite le giudichi penalizzanti e potenzialmente dannose». Il compito delle parti sociali è, sì, quello di contribuire a garantire che i luoghi di lavoro siano sicuri per i lavoratori e i pazienti, ma «in questa ottica abbiamo chiesto, il mese scorso, alla direzione strategica di riprendere l'attività di confronto con la nostra Rappresentanza di lavoratori per la Sicurezza e fino ad oggi ciò non è avvenuto».

In quella sede, si sarebbe potuto discutere di come mettere in sicurezza l'Azienda ospedaliera Moscati nei limiti della condizione attuale: «I casi di positività fra i pazienti osserva ancora Morsa non sono da attribuire esclusivamente a infezioni ospedaliere legate agli operatori sanitari. Una visione del genere è semplicistica e fuorviante perché il Moscati, come altre strutture pubbliche e private che siano, non è una bolla sanitaria e per garantire adeguati servizi ai cittadini malati, non potrà mai esserlo sotto il punto di vista della prevenzione contro il Covid 19. In questo la scelta di non chiudere al Moscati, come al Landolfi, i servizi ambulatoriali verso l'esterno è stato uno sforzo apprezzabile, passato attraverso una condivisione mancata, invece, sulla scelta del protocollo di sicurezza attuale».

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Intanto, da venerdì scorso, c'è stato un netto giro di vite sullo screening al personale con un tampone nasofaringeo ogni 48 ore (presso l'Unità operativa di appartenenza). Prima di questa disposizione, da parte della direzione medica di presidio, il test era effettuato ogni 14 giorni nella maggior parte dei reparti e una volta alla settimana in quelli considerati più a rischio. Una stretta necessaria, ma piuttosto tardiva come dimostrano i casi registrati negli ultimi giorni. Il bollettino dei contagi tra i degenti ha toccato quota 21: tutte persone entrate in ospedale per curare altre patologie e soltanto dopo aver fatto un tampone molecolare (con esito negativo, necessario come previsto dal protocollo anticovid per essere ammessi in corsia). In tutto, fino a questo momento, i reparti finiti sotto la mannaia del coronavirus sono 6: Chirurgia d'urgenza (3), Ematologia (6 contagiati, due dei quali sono in adesso in terapia subintensiva), Medicina interna (8 contagiati), Oncologia (1), Ortopedia (2) e Urologia (1). Purtroppo dopo essere stati infettati (molto probabilmente dagli operatori sanitari in quanto le visite dei parenti sono sospese da un paio di mesi e lo saranno almeno fino al prossimo 28 febbraio), due dei 21 degenti contagiati sono deceduti proprio a causa di complicanze legate all'infezione da Sars-Cov-2. 

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