Omicidio a San Martino, il boss De Paola
attirato in trappola con una telefonata

Omicidio a San Martino, il boss De Paola attirato in trappola con una telefonata
di Gianni Colucci
Mercoledì 9 Settembre 2020, 08:48 - Ultimo agg. 13:51
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Cinque colpi di arma da fuoco di piccolo calibro hanno squarciato il silenzio di una mattina caldissima di fine estate. Un uomo in bici, cade riverso nel cortile di una casa antica di campagna. È la scena di un delitto di camorra. Quattro colpi ad altezza d'uomo, un quinto esploso, quasi a finire l'uomo agonizzante, quando si è accasciato. Sotto i colpi dei pistola finisce Orazio De Paola, 58 anni, uno dei principali collaboratori di Domenico Pagnozzi, a capo del clan camorristico che opera tra l'Irpinia e la Capitale. In fuga un suo vicino di casa, irreperibile dal momento delitto, un ventiseienne: Gianluca Di Matola, con una complessa vicenda di droga e spaccio alle spalle. In serata è stato preso in autostrada, voleva rifugiarsi a Roma.

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«Marescia' fatemi vedere a mio padre», dice un giovane, che è il figlio della vittima, titolare di attività commerciali insieme alla altre sorelle. Aspetta insieme agli altri parenti che il medico legale e i magistrati effettuino il sopralluogo del cortiletto della casa del presunto omicida. Decine le persone che aspettano davanti casa. Un dolore composto.

Una telefonata in mattinata lo aveva attirato nella trappola tesa da Di Matola, secondo una prima ricostruzione. De Paola esce dal borgo attorno alla chiesa di San Giovanni Battista in bicicletta a pedalata assistita, passa davanti al Municipio, gira a sinistra e si inerpica per via Castagneto. Arriva a casa di Di Matola che evidentemente conosce bene e fa per entrare. Sull'uscio il giovane - ma siamo ancora nel campo delle ipotesi - avrebbe sparato all'impazzata. D'impulso cinque colpi di pistola. Probabilmente dopo aver avuto una discussione con il boss.

Cosa si siano detti, cosa abbia repentinamente portato all'omicidio, non è chiaro. Anche perché un uomo di esperienza non si muove con disinvoltura se prevede che possa esserci un'azione così violenta contro di lui.
 

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De Paola, insomma, va nelle braccia dell'assassino a mani nude, probabilmente contando sul proprio ascendente, sulla propria considerazione nel mondo criminale. Ritiene di poter tener testa al giovane, alle sue richieste. Spavaldo, aveva già picchiato il ragazzo qualche giorno fa. I colpi raggiungono il «bersaglio» in parti vitali. La morte sopraggiunge immediatamente. I familiari di Di Matola, che è coniugato e ha figli, spariscono dall'abitazione. Di Matola scappa. Per tutta la giornata di ieri è irreperibile. Ci sono immagini della videosorveglianza del palazzo del Comune ma anche di alcune abitazioni, della scuola elementare vicina e del Castello Della Leonessa, un maniero medievale a due passi dalla scena del delitto, che testimoniano il suo passaggio. Anche le telecamere nel perimetro del paese riprendono la vettura dell'uomo in fuga. O che comunque si allontana da San Martino Valle Caudina. Dove va? E sopratutto perché scappa nei momenti successivi al delitto? Se esista un'altra pista i carabinieri del comando provinciale, diretti dal colonnello Massimo Cagnazzo, lo stanno verificando. Ma è evidente che la scomparsa da San Martino di Di Matola è lo spunto investigativo più concreto che seguono gli inquirenti.

Ma non scappa da solo, forse con lui ci sono dei parenti, amici o comunque chi gli consente di coprisi la fuga.

Una fuga disperata che finisce in autostrada quando una pattuglia lo blocca.

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È lui il principale indiziato. C'era stata una lite nei giorni scorsi tra i due. Il giovane era stato scagliato a terra da De Paola, un uomo alto quasi un metro e novanta. Vicende legate allo spaccio, ma sopratutto, secondo gli inquirenti, al riequilibrio delle sfere d'influenza del clan storico della zona e dei nuovi gruppi emergenti. Una vicenda, quella dell'omicidio di ieri mattina, che potrebbe avere anche altri aspetti da valutare, come i rapporti di affari che ci sarebbero stati tra la vittima e il suo omicida.
Questioni legate allo spaccio oppure questioni personali. Se Di Matola sia il terminale dei nuovi equilibri criminali della Valle Caudina, se sia lui in grado di agire per affermare il predominio di un nuovo clan, è materia tutta da indagare. Fatto sta che dalle sue dichiarazioni potrebbero venire fuori i veri motivi del drammatico episodio. Orazio De Paola aveva solo l'obbligo di firma due volte a settimana presso la stazione dei Carabinieri di San Martino Valle Caudina. Era un uomo libero. La Dda per ben due volte aveva ottenuto dal Tribunale di Avellino e dalla Corte di Appello di Napoli l'obbligo di soggiorno per cinque anni per De Paola, e per ben due volte la Cassazione aveva annullato tale obbligo non riconoscendone la pericolosità. A novembre ci doveva essere la decisione definitiva sulla sua «non pericolosità».

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