Una lettera indirizzata al sindaco Mastella, all'assessora Coppola e al responsabile ai servizi sociali del Comune. Lidia Sorice, sorella di Vincenzo, il disabile in coma al «Rummo» a causa del pugno ricevuto da un altro ospite del centro riabilitativo «La Fenice» di via Firenze, lancia il suo appello. «Quello che è accaduto scrive - non è stata una disgrazia ma una mancanza cui si poteva ovviare evitando di mettere in contatto persone con disabilità diverse e con esigenze tanto dissimili tra di loro. Mio fratello non ha più un futuro, sta combattendo tra la vita e la morte ma la sua esistenza è in ogni caso segnata: nella migliore delle ipotesi sarà un vegetale e si profila l'eventualità di una fine ignobile per una persona che ha vissuto, certo, con difficoltà ma sempre circondata dalle attenzioni di chi gli voleva bene e che ha fatto in modo da garantirgli una crescita sana, serena e autonoma. Vincenzo ha frequentato la scuola ed è stato in grado di condurre una vita normale, nonostante la disabilità. Per questo chiediamo che sia fatta luce sulle eventuali responsabilità di chi ha consentito che accadesse tutto questo. Per noi è di vitale importanza sapere come si è arrivati a valutare con tanta negligenza la possibilità di riunire persone fragili con altre, potenzialmente pericolose e qual è il livello di vigilanza nel centro». Il 50enne, che ha difficoltà di deambulazione e che camminava appoggiandosi a un carrello per disabili, aveva battuto violentemente la testa dopo aver ricevuto un pugno in petto da un 30enne che frequenta il centro, vissuto in una casa famiglia fino alla maggiore età, con precedenti di aggressione.
La risposta del Comune arriva dall'assessora ai servizi sociali Carmen Coppola. «L'amministrazione comunale dice - sta seguendo con grande attenzione la vicenda, attraverso gli assistenti sociali del Comune, ed è vicina affettivamente e moralmente alla vittima dell'incidente e alla sua famiglia.