Pietro Treccagnoli
L'Arcinapoletano
di

Napoli, ferocia e santità

Napoli, ferocia e santità
di Pietro Treccagnoli
Domenica 24 Gennaio 2016, 14:37 - Ultimo agg. 17 Febbraio, 09:59
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Sotto il sole di gennaio Napoli sa essere gentile e crudele. Mostra spietata due anime sue, tra le mille che possiede, le anime più lontane, più riluttanti alla conciliazione. Passeggiare lungo le strade panoramiche o addentrarsi nei vicoli, nel silenzio raggelato di un inverno di cristallo, fa esplodere dettagli altrimenti destinati a disperdersi nell’aria come pulviscolo sotto raggi obliqui.
 
Una scritta indecifrabile, un altarino di un santo senza aureola, un balcone, la fresca ortica cresciuta tra i basoli, un volto distratto, una musica prepotente e improvvisa dal finestrino di un’auto che ti sfiora, lo sguardo infallibile e indifferente del custode di una piazza di spaccio, il sangue rappreso e il groviglio di piume di un uccello schiacciato, i campanili, le cupole, le madonne, le donne, l’odore di olio che frigge il cuore, un cane senza guinzaglio, un’insegna che ha perso le lettere come una bocca sdentata, un catenaccio che sigilla un giardino e gli antichi dèi svaniti senza saluti e senza eredi.
 
In queste ore sospese, irripetibili, paradossalmente puoi sentirti accoltellato a tradimento da una bellezza che ha solo l’azzurro del cielo come confine e patria, anzi matria, perché può mutarsi in grembo e carezza, in urlo straziante e funereo velo stracciato, svolazzante sulle lacrime.
 
Napoli è un palinsesto di ferocia e santità.
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