Poche ore fa è tornata in carcere per la settima volta nella sua vita, con l'accusa di stalking e violenze perpetrate tra il 2008 al 2020. Ma da ormai 40 anni Agnese Di Giovannantonio 68enne originaria di Bellona - entra ed esce da carcere.
La sua carriera criminale inizia nel 1980 con un delitto che scuote l'intera Campania. È il 30 maggio quando l'allora 26enne tende un agguato al primario dell'ospedale Palasciano di Capua, Dario Russo. La donna si avvicina alla Fiat 132 del primario del reparto di chirurgia e con un colpo fulmineo gli recide la giugulare con un coltello a doppia lama usato dai calzolai. Il medico la cui colpa fu quella di non aver mantenuto una promessa di impiego nell'ospedale capuano - muore in pochi secondi. Il carcere per la Di Giovannantonio, però, non è rieducativo: dopo essere tornata dietro le sbarre per 4 mesi nel 1989 (per scontare un residuo di pena inflitta dal tribunale per fatti precedenti), nel 2002 afferra un'ascia e minaccia di morte il padre, reo di non averle dato la somma di denaro richiesta. Viene arrestata per estorsione e minacce. Quattro anni dopo per il mancato rispetto dell'obbligo di firma alla stazione dei carabinieri di Vitulazio imposto dal giudice di sorveglianza torna in carcere.
Si tratta di un arresto «tecnico», determinato dal mancato rispetto degli obblighi inflitti dal giudice di sorveglianza.
Infine, solo due anni fa i carabinieri della stazione di Vitulazio, guidati dal maresciallo Crescenzio Iannarella, prelevano Agnese per la sesta volta nella sua vita per condurla al carcere di Pozzuoli. Questa volta la donna è accusata di aver perseguitato per mesi una sua nipote: non voleva che il padre stesse con la ragazza che lo accudiva e più volte si era presentata sotto l'abitazione della vittima impugnando ancora una volta una roncola e minacciando una strage. «Ti devo uccidere», «ti devo tagliare la testa», «ti mando al cimitero»: queste le frasi rivolte alla nipote e al marito brandendo l'arma davanti ai figli della coppia di tre e un anno. Con l'ultimo arresto i militari hanno ricostruito l'iter di instabilità e persecuzione che il nucleo familiare dovette subire già dal settembre 2020.