Abbandono, incuria, abuso. Nell'incompiuto monumento ai caduti che in un secolo ha cambiato più volte aspetto senza mai trovare definitiva ultimazione, sopravvivono spazi di vita, nascosta e illegale, mentre la città intorno, assuefatta, non vede. Un tempo era un unico colpo d'occhio con quello che oggi è il Macrico, c'era un monumento dedicato alle vittime della prima guerra mondiale in quella che era chiamata Piazza d'Armi.
Una Vittoria alata e il milite ignoto non interrompevano, nella loro sacrale semplicità, la vista della morbida linea dei Tifatini, ancora sani e verdeggianti, mentre alle loro spalle c'erano prati verdi a perdita d'occhio. Il 1° gennaio 1936 fu inaugurato, in stile fascista, l'arco attuale poi, agli inizi di questo millennio, ci mise mano Nicola Pagliara ma, finiti i soldi, il monumento rimase incompiuto, così come oggi è: monco il coronamento dei quattro torrini di scale ed ascensori e senza il verde previsto nelle fioriere del pergolato. Monco il monumento, assente il controllo. «Si avverte entrando in quell'area dice Ciro Faraldo, commercialista con la passione per la fotografia che si è addentrato nel complesso una forte tensione. Ero incuriosito perché da tempo sapevo che i ragazzi, coetanei di mia figlia, lo avevano scelto come il luogo dello stappo per festeggiare i compleanni. Ma è un luogo pericolosissimo. Tutte le protezioni sono state divelte e buttate giù sulle rampe murate. Tutto il complesso è devastato, imbrattato e vandalizzato. Le coperture sono pericolanti, molte sono crollate. Poi, loschi figuri, si aggirano nei meandri, entrano ed escono da porticine di servizio, divelte anche loro».
Fino al 2018 era in funzione, sotto il complesso monumentale, un parcheggio a pagamento. Ora gli ingressi sono murati e non se ne conosce la sorte, sebbene l'estate scorsa sia stata pubblicata dal comune di Caserta una gara per affidare in concessione, per quindici anni, la gestione del parcheggio sotterraneo. Ma la gara, a cui aveva risposto una sola società, è stata poi annullata per mancanza di requisiti. Rimessa a bando, si attende di conoscere l'esito ma, intanto «Poi ci sono i sotterranei continua Faraldo le scale di emergenza in ferro, accessibili dai cancelli metallici aperti e prospicienti la porta del Macrico. Si scende e c'è l'inferno. Un misto di immondizia indistinta e siringhe usate, indumenti abbandonati, fornelli da campo e gli immancabili topi che al mio arrivo si sono dileguati. Addosso sguardi di chi si nascondeva e di chi non era in grado di percepire la presenza».
Uno scempio che racconta la città, le sue storture, l'inedia e il silenzio assordante di chi dovrebbe averne cura, la porta metaforica di quel Macrico ritornato prepotentemente alla ribalta dopo le parole del vescovo Lagnese, che dovrebbe restituire a Caserta un'immagine rinnovata ed uno spazio di attesa vivibilità.