A Caserta il monumento alla vergogna:
lo scempio tra il Macrico e la città

A Caserta il monumento alla vergogna: lo scempio tra il Macrico e la città
di Nadia Verdile
Martedì 11 Gennaio 2022, 08:43
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Abbandono, incuria, abuso. Nell'incompiuto monumento ai caduti che in un secolo ha cambiato più volte aspetto senza mai trovare definitiva ultimazione, sopravvivono spazi di vita, nascosta e illegale, mentre la città intorno, assuefatta, non vede. Un tempo era un unico colpo d'occhio con quello che oggi è il Macrico, c'era un monumento dedicato alle vittime della prima guerra mondiale in quella che era chiamata Piazza d'Armi.

Una Vittoria alata e il milite ignoto non interrompevano, nella loro sacrale semplicità, la vista della morbida linea dei Tifatini, ancora sani e verdeggianti, mentre alle loro spalle c'erano prati verdi a perdita d'occhio. Il 1° gennaio 1936 fu inaugurato, in stile fascista, l'arco attuale poi, agli inizi di questo millennio, ci mise mano Nicola Pagliara ma, finiti i soldi, il monumento rimase incompiuto, così come oggi è: monco il coronamento dei quattro torrini di scale ed ascensori e senza il verde previsto nelle fioriere del pergolato. Monco il monumento, assente il controllo. «Si avverte entrando in quell'area dice Ciro Faraldo, commercialista con la passione per la fotografia che si è addentrato nel complesso una forte tensione. Ero incuriosito perché da tempo sapevo che i ragazzi, coetanei di mia figlia, lo avevano scelto come il luogo dello stappo per festeggiare i compleanni. Ma è un luogo pericolosissimo. Tutte le protezioni sono state divelte e buttate giù sulle rampe murate. Tutto il complesso è devastato, imbrattato e vandalizzato. Le coperture sono pericolanti, molte sono crollate. Poi, loschi figuri, si aggirano nei meandri, entrano ed escono da porticine di servizio, divelte anche loro».



Fino al 2018 era in funzione, sotto il complesso monumentale, un parcheggio a pagamento. Ora gli ingressi sono murati e non se ne conosce la sorte, sebbene l'estate scorsa sia stata pubblicata dal comune di Caserta una gara per affidare in concessione, per quindici anni, la gestione del parcheggio sotterraneo. Ma la gara, a cui aveva risposto una sola società, è stata poi annullata per mancanza di requisiti. Rimessa a bando, si attende di conoscere l'esito ma, intanto «Poi ci sono i sotterranei continua Faraldo le scale di emergenza in ferro, accessibili dai cancelli metallici aperti e prospicienti la porta del Macrico. Si scende e c'è l'inferno. Un misto di immondizia indistinta e siringhe usate, indumenti abbandonati, fornelli da campo e gli immancabili topi che al mio arrivo si sono dileguati. Addosso sguardi di chi si nascondeva e di chi non era in grado di percepire la presenza».

Uno scempio che racconta la città, le sue storture, l'inedia e il silenzio assordante di chi dovrebbe averne cura, la porta metaforica di quel Macrico ritornato prepotentemente alla ribalta dopo le parole del vescovo Lagnese, che dovrebbe restituire a Caserta un'immagine rinnovata ed uno spazio di attesa vivibilità.

Quel monumento, nel suo chiaro scuro, nel suo essere luogo di incontro di molti giovani e di devastazione di altri, approdo per gli stappi e porta degli inferi per chi vive nei mondi sotterranei, è oggi la fotografia di una città incompiuta, esattamente come il monumento, che non cura le proprie potenzialità, che lascia che quanto eretto per ricordare chi perì nelle guerre copra una sorta di zoo di Berlino. Da quello che doveva essere il lussureggiante pergolato progettato da Pagliara, morto cinque anni fa, nel peristilio progettato per essere il diaframma tra la città e il Macrico, si guarda agli hangar, al verde incolto e agli alberi di quell'enorme spazio ancora dell'Istituto sostentamento clero che attende di diventare della diocesi e poi della città. Lo sguardo si perde rischiando di ferirsi con le lamiere divelte, si inciampa nei cumuli di rifiuti, si resta imprigionati nel desiderio, mai pago, di normalità.

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