Caserta, Sos per il Casino Vecchio abbandonato un pezzo di storia tra degrado e inciviltà

Il palazzo rientra tra le delizie reali borboniche, atteso il riconoscimento di monumento nazionale

Sos per il Casino Vecchio
Sos per il Casino Vecchio
di Nadia Verdile
Domenica 5 Novembre 2023, 10:33
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Casino Vecchio a Vaccheria, la storia a pezzi e la annunciata possibilità di diventare Monumento nazionale. In Campania sono, ad oggi, 32 i Monumenti nazionali, sette in Terra di Lavoro, due a Caserta e cioè il borgo di Casertavecchia e la sua cattedrale. Nel consiglio comunale del 9 ottobre l'assessore all'urbanistica, Domenico Maietta, annunciò che il Casino Vecchio potrebbe diventare, per interessamento della Soprintendenza, anch'esso Monumento nazionale. «L'iter - disse - è a buon punto, i diversi proprietari del Casino sono già stati convocati e ad alcuni di loro è stato anche già riconosciuto un indennizzo culturale».
Inserito da anni nella Lista Rossa di Italia Nostra, lo strumento attraverso il quale l'associazione raccoglie segnalazioni di monumenti, beni storico-artistici, paesaggi in abbandono o bisognosi di tutela, il palazzo settecentesco borbonico, di plurima proprietà privata, grida vendetta a Dio e offende la storia di un luogo, di un tempo, di una comunità.

Abbandonato a se stesso, fortemente degradato con infiltrazioni di umidità, ha perso molte porzioni degli apparati decorativi, anche se si leggono ancora, qua e là, tracce di affreschi e decori pittorici.

Su tutti i prospetti gli incivili di turno hanno lasciato scritte e disegni fatti con le bombolette spray. Progettato da Francesco Collecini che nelle due frazioni borboniche ha lasciato il suo segno inconfondibile, quello che fu il primo Casino di caccia borbonico della città si sviluppa su tre livelli e un seminterrato.

Questa che fu dimora di campagna dei sovrani, era stata affrescata da Gerolamo Starace, uno dei più bravi decoratori attivi durante il regno di Ferdinando IV. Chiamato a Caserta da Vanvitelli per la decorazione della volta dello Scalone della Reggia, qui dipinse le Allegorie delle quattro Stagioni e la Reggia di Apollo e poi, nella volta della sala delle Guardie del Corpo, un'allegoria con la Gloria del Principe e le dodici Province del Regno di Napoli. Un piccolo gioiello d'arte dunque che ebbe il suo primo declino a partire dal 1778 quando, il 17 dicembre, vi morì Carlo Tito, primo erede al trono, a soli tre anni. Da allora i sovrani Maria Carolina e Ferdinando non vollero metterci più piede, dando il via alla rinascita di San Leucio con la nuova costruzione del Belvedere, anche questa opera di Collecini. Abbandonato dalla famiglia reale divenne abitazione dei guardiacaccia. All'interno del palazzo v'è una cappella dedicata a San Leucio.

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Una delizia reale che avrebbe meritato ben altre attenzioni durante i suoi duecentocinquant'anni di vita, per la qualità del progetto, delle opere pittoriche, della storia che in esso è custodita.
A nulla è valso, finora, il grande valore storico artistico visto che è in stato di abbandono e di assoluto degrado e il bene non presenta specifica "Dichiarazione di interesse culturale". E così Vaccheria, che deve il suo nome all'allevamento di vacche qui portate dalla Sardegna per volere di Ferdinando IV, da quel lontano 1778, è diventata una specie di sorella rinnegata della più famosa San Leucio e paga lo scotto della dimenticanza. Non della storia ma del presente. Verrebbe da dire figlia di un Dio minore se non fosse una storia condivisa da molte frazioni e quartieri della città. A partire dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie fino al Casino vecchio, percorrendo via Cappuccio, è un lungo cammino tra rifiuti, spazzatura di ogni genere. Interrogazioni, mozioni, petizioni non hanno ad oggi sortito effetto. Da una parte la storia dall'altra il degrado e l'inciviltà.
 

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