Clan e droga, cubana alla ricerca del permesso: il finto matrimonio pagato 4mila euro

La love story con l'imprenditore-orefice

L'operazione dei carabinieri di Marcianise
L'operazione dei carabinieri di Marcianise
Marilu Mustodi Marilù Musto
Giovedì 20 Aprile 2023, 17:50 - Ultimo agg. 21 Aprile, 15:46
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«Abbiamo qualcuno che potrebbe sposare una cubana?». La risposta a questa domanda è stata “sì”. Era il 2019, prima dell’ondata del Covid: una donna cubana aveva la necessità di restare in Italia perché pare avesse intrecciato una relazione con un gestore di una oreficeria all’interno di un centro orafo.

Ma per far restare in Italia la donna, il suo amante aveva chiesto al suo amico - che frequentava un circolo di appassionati di moto a Marcianise - di trovare un uomo compiacente che avrebbe potuto sposare la cubana. In cambio, l’orefice avrebbe versato 4mila euro al finto marito e 500 euro o mille euro agli intermediari. E infatti, dopo qualche giorno, il marito per finta si fece vivo e ad agosto sposò la donna cubana al Comune di Marcianise.

Questo e tanto altro emerge dall’ordinanza di quasi duemila pagine (i cui risvolti sono stati pubblicati stamane da Il Mattino) che «incastra» i componenti del clan Belforte e Mazzacane accusandoli di spaccio di droga e di matrimoni finti attraverso una serie di intercettazioni eseguite dai carabinieri di Marcianise. La circostanza della cerimonia è stata valutata dal giudice per le indagini preliminari che, però, ha ritenuto non emettere alcuna misura cautelare per gli indagati che restano inseriti nel fascicolo della Procura. Ma nella maxi-ordinanza viene a galla anche un traffico di droga che da Marcianise si sviluppava da Marina di Camerota fino a Milano, ma anche l’imposizione a una ditta di pulizie di Casagiove (con appalti soprattutto a Marcianise) di assumere una donna considerata di una famiglia mafiosa.

Su quest’ultima vicenda è emerso un episodio; quando l’imprenditore fu chiamato in caserma per spiegare l’assunzione di una donna che non si recava mai nel posto di lavoro, il gestore della ditta di pulizie rispose: «Non so perché la paghiamo senza lavorare, ma so solo che voglio tutelare il lavoro di venti persone. E se qualcuno sa che sono venuto qui a dire queste cose, rischio anche la vita».

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Minacce, estorsioni erano all’ordine del giorno per il gruppo Belforte dei Mazzacane. Come la richiesta di pizzo che sarebbe stata avanzata da Salvatore Iovinella, intercettato mentre diceva a un imprenditore: «Senti, io ti voglio spiegare una situazione, mi hanno mandato gli amici degli amici e gli devi pagare subito 50mila euro altrimenti ti fanno saltare in aria a te e a tuo fratello». In un caso è contestato anche l’oltraggio alla giustizia in quanto Giovanni Buonanno avrebbe minacciato il collaboratore di giustizia Claudio Buttone per indurre Buttone (fratello del sicario pentito Bruno) a rendere false dichiarazioni nel processo che si stava svolgendo davanti alla Corte di Assise di Appello di Napoli. Il procedimento trattava l’omicidio di Andrea Biancur e Buonanno era uno degli imputati. Vecchia storia, nuove minacce. L’accusa principale che ruota intorno al gruppo criminale è quella dell’attività di spaccio di cocaina, a Marcianise e nei comuni limitrofi fino a Milano. A gettare un faro sullo spaccio nella capitale del Nord Italia era stata però Caterina Iuliano, la consorte di uno dei presunti spacciatori che avrebbe detto ai carabinieri: «Mio marito mi disse nel 2018 che doveva recarsi a Milano per qualche giorno, ma io sapevo che il fratello Giuseppe Giacomo Salzillo aveva un’attività di spaccio a Milano e quindi ho capito che anche mio marito voleva svolgere questa attività». Non a caso, il giudice, per questi fatti, ha trasmesso gli atti alla Procura di Milano. La droga, spesso, veniva comprata a Marina di Camerota. Un quadro a tinte fosche che è ora dovrà “slittare” alla Procura milanese, mentre qui, a Marcianise, sono scattate le prime manette.
 

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