Sessa Aurunca: detenuto suicida in ospedale. Il garante: «È il quarto caso»

Il 50enne si è impiccato nel reparto di psichiatria

Suicidio in carcere
Suicidio in carcere
Marilu Mustodi Marilù Musto
Sabato 28 Ottobre 2023, 09:50 - Ultimo agg. 15:36
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È morto impiccato nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Sessa Aurunca. Era un detenuto di 50 anni, finito nel reparto per pazienti con problemi psichiatrici da sabato scorso, dopo un tentativo di farla finita in carcere. «Si tratta dell'ennesimo suicidio nelle carceri della Campania, è il quarto dall'inizio dell'anno», dice il garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Samuele Ciambriello. «L'ultimo caso è proprio questo di Sessa Aurunca, la vittima di questo bollettino era un uomo sposato e padre di tre figli, casertano che sarebbe uscito dal carcere nel luglio del 2024 - continua Ciambriello - era ristretto nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere e non effettuava colloqui. Ha tentato un primo suicidio sabato, ma è stato prontamente salvato dagli agenti della polizia penitenziaria e trasportato in ambulanza all'ospedale di Sessa Aurunca.

C'è da dire una cosa: all'interno dell'ospedale è stato trasferito al reparto di servizio psichiatrico di diagnosi e cura, pur non avendo, a quanto pare, problemi psichici, e qui si è tolto la vita».

Sulle condizioni di vita nel carcere di Santa Maria Capua Vetere potrebbe ora scattare anche una ispezione, dopo il suicidio. Di certo, è stato aperto un fascicolo per capire il motivo che ha spinto il recluso a impiccarsi: «Il detenuto sarebbe dovuto uscire dal carcere fra pochi mesi e recentemente aveva anche chiesto gli arresti domiciliari - continua a raccontare Ciambriello - il tentativo di suicidio non era un atto strumentale, era evidente la voglia di farla finita per timore di rimanere da solo. Ringrazio gli agenti di polizia penitenziaria per ciò che hanno fatto sabato scorso, ma ciò purtroppo non è servito a nulla. Abbiamo bisogno di persone che si prendano cura dei reclusi, come neuropsichiatri e psicologi».

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Se sia una storia di solitudine e di depressione mal curata, sarà la magistratura a chiarirlo. I suicidi, i tentativi di suicidio, le forme di autolesionismo che si verificano negli istituti di pena sono anche il prodotto di un distanziamento sociale e culturale dal carcere rispetto alla società. «Abbiamo bisogno di più figure di ascolto, come psicologi, e protezione nelle carceri - conclude il garante - la maggior afflizione della detenzione è il tempo inutile, il tempo vuoto, la sensazione e la realtà di un tempo che viene solo sottratto. Il sentirsi soli dentro e dal mondo esterno». In realtà, anche quest'anno è allarme suicidi nelle carceri italiane: ad oggi se ne contano 55. 

 

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