Giuseppe Sorvillo, l'emigrato di Sparanise travolto dal treno mentre lavorava

Era uno dei cinque operai vittime dell'incidente: 43 anni, due figli, quando poteva tornava nella sua città

Giuseppe Sorvillo
Giuseppe Sorvillo
di Antonio Borrelli
Venerdì 1 Settembre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 12:04
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Non solo il dramma della morte incontrata in un giorno ordinario di lavoro nell’ultimo giorno d’agosto ma anche una tragica storia di emigrazione. È ciò che racconta la strage di Brandizzo, paese nel quale si era trasferito da alcuni anni Giuseppe Sorvillo, 43enne nato a Capua ma originario di Sparanise, piccolo centro del Casertano. Giuseppe era insieme agli altri quattro colleghi quando è stato travolto da quel treno a cento chilometri orari, poco prima aveva salutato la moglie e i due bambini per cominciare il turno. È stata l’ultima volta.

Il 43enne aveva lasciato la Campania molti anni fa, ma manteneva un forte legame con la sua terra. Tornava a Sparanise tutte le volte che poteva insieme alla moglie, anche lei originaria del piccolo comune casertano. Nella cittadina, d’altronde, erano rimasti tutti i più cari affetti: a partire dai genitori e dal fratello Giovanni, di qualche anno più giovane. E poi gli amici, quelli dei tempi della scuola e quelli degli anni trascorsi nel suo paese. Sono loro, oggi, a ricordarlo con dolore e affetto: «Era una persona bravissima e molto semplice. Era lontano da molto tempo ormai ma rimaneva profondamente legato a Sparanise. Quando poteva rientrava con tutta la famiglia e incontrava parenti e amici». E proprio tra la comunità casertana in queste ore si vive in un clima misto di dolore e rabbia «perché se ne va un altro figlio della nostra terra in condizioni drammatiche», racconta un amico. 

Amante dello sport, della montagna e dei viaggi, Giuseppe Sorvillo pubblicava regolarmente sul web le immagini delle sue avventure all’aria aperta e conduceva una vita serena scandita dall’amore per i suoi due figli, un maschio e una femmina, e dal lavoro.

Nel corso degli anni piemontesi aveva svolto diversi mestieri. Solo pochi mesi fa aveva fatto il cassiere in un supermercato a Mazzè, comune torinese non lontano da Brandizzo. E nei gruppi social della cittadina piemontese ricordano con sgomento «un amico caro e persona stupenda. Che la terra gli sia lieve». 

Da qualche tempo Giuseppe aveva trovato lavoro nel settore dell’armamento ferroviario ed era un dipendente della «Sigifer Srl» di Borgo Vercelli, dal 1993 impresa leader nel settore di costruzione e manutenzione impianti ferroviari. Si trovava bene, ma è stato il suo ultimo lavoro. E proprio sui legami tra emigrazione e incidenti si sofferma Marianna Grande, dirigente della Cisal di Caserta: «Tanti sono i giovani che lasciano l’agro caleno per cercare lavoro al di fuori della nostra provincia, un viaggio che nel caso del nostro concittadino non avrà ritorno. Ci stringiamo al dolore della famiglia e nel contempo ci interroghiamo sui motivi sociali, economici e soprattutto di sicurezza che hanno causato questo inaccettabile evento».

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Membro della commissione d’inchiesta sulla sicurezza sui luoghi di lavoro in Italia, il deputato casertano Marco Cerreto ha invece ribadito «il dovere di dare il massimo del contributo possibile affinché tutte le misure di sicurezza sui cantieri siano garantite. Morire sul lavoro è inaccettabile, è una tragedia troppo grande». Intanto, però, a Sparanise le parole e le polemiche si dileguano, coperte dalla coltre di cordoglio e sdegno di un’intera comunità, che ora attende solo di poter dare l’ultimo saluto ad un proprio concittadino, scomparso tragicamente a centinaia di chilometri dalla sua terra d’origine, dalla sua casa.

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