«Era incapace di intendere e di volere». Sono arrivati alla stessa conclusione il consulente d’ufficio, lo psichiatra Raffaele Sperandeo, e il consulente della difesa, lo psichiatra Giovanni D’Angelo, nel valutare la condizione psicofisica al momento della commissione del reato di Francesco Plumitallo, il 29enne di Capodrise, reo confesso, che il 14 novembre avrebbe strangolato la madre, Patrizia Vella Lombardi (detta “Rosa”), una casalinga di 54 anni, mentre era in cucina a preparare la colazione.
Posizioni diverse, invece, sulla capacità cognitiva di stare in giudizio: per Sperandeo, assistito dalla psicologa forense Alessandra Perna, l’indagato sarebbe in grado di affrontare il processo; per D’Angelo no, perché «non comprenderebbe i metodi e le finalità del procedimento in cui sarebbe coinvolto».
Durante la discussione, sarebbe emerso un particolare inquietante: in cella, il ragazzo avrebbe tentato il suicidio ingerendo del detersivo; l’episodio sarebbe stato segnalato alla direzione del carcere dagli stessi consulenti, che lo hanno incontrato due volte. Per Plumitallo, che si è sempre dichiarato pentito, la Procura ha formulato l’ipotesi di omicidio volontario pluriaggravato dai legami di parentela, reato che non contempla il patteggiamento e per cui rischia l’ergastolo. Ora, il suo futuro è nelle mani della gip Grammatica, che potrebbe lasciarlo in reclusione o, come invocano i difensori, trasferirlo in una Reims, struttura di accoglienza per persone affette da disturbi mentali e socialmente pericolose, dove potrebbe essere sorvegliato e curato.