Napoli e Jago, una storia d'amore e di arte che continua

L'inaugurazione nella chiesa di Sant'Aspreno ai Crociferi

Narciso, l'ultima opera scultorea di Jago alla Sanità
Narciso, l'ultima opera scultorea di Jago alla Sanità
di Giovanni Chianelli
Venerdì 8 Dicembre 2023, 08:33 - Ultimo agg. 9 Dicembre, 08:42
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Napoli e Jago, una storia d'amore e di arte che continua: la città ha da tempo adottato lo scultore laziale che continua a restituire l'affetto ricevuto creando, dopo il celebre «Figlio velato», nuove opere. Come l'ultima che si trova nello Jago Museum, lo spazio della Sanità - nella chiesa di Sant'Aspreno ai Crociferi - intitolato all'artista e riqualificato dopo anni di abbandono: si chiama «Narciso» e viene inaugurata oggi alle 10.

Lo stile è quello che abbiamo imparato a conoscere, al confine tra neoclassicismo ed iperrealismo, pop anche nell'uso di un materiale tradizionale come il marmo, nella maestosità delle opere, nel biancore e lucore delle stesse, perfette per attirare il pubblico del turismo gentrificante che attraversa la città alla ricerca di stimoli veloci, facilmente digeribili e instagrammabili.

Un uomo è chinato su una donna, posizionandosi, come nel mito greco, a specchio su di lei. Le estremità delle figure scolpite in marmo statuario combaciano perfettamente, come se tra i due ci fosse, appunto, un velo d'acqua. Eppure sono evidenti le differenze e la figura maschile, calva, che ricorda quella di altre creazioni di Jago e che potrebbe ricalcare la sagoma dell'artista stesso, sembra sovrastare quella femminile, schiacciandola. Un contributo al dibattito sul patriarcato femminicida?

«Stavolta non ho affidato all'opera il compito di denunciare una tragedia come quella del femminicidio. Anche perché la scultura è completamente speculare e potrebbe essere capovolta, così sarebbe l'uomo a essere schiacciato. Come la proponiamo durante l'inaugurazione può essere letta anche così: è la donna a sostenere la fragilità dell'uomo», spiega Jago, «e poi mi piace lasciare a chi guarda l'interpretazione libera».

Il bellissimo cacciatore figlio del dio Cefiso e della ninfa Liriope, innamorato di se stesso fino a morirne nel tentativo di acciuffare la propria immagine, che qui diventa femminile: anche la riflessione sul gender e sul no gender può essere tra le suggestioni evocate, sorta di riflessione sul maschile/femminile che è in ognuno di noi. «Per come l'ho concepita, la scultura invita soprattutto a considerare il limite dell'osservatore esterno nel comprendere l'interiorità altrui, evidenziando la differenza tra ciò che appare in superficie e la complessità dei pensieri e delle emozioni che si celano dietro: come osservatori, siamo limitati nell'accesso all'intimo di un individuo, e ciò che vediamo è solo una parte della realtà», specifica Jago.

Il mito intessuto nell'opera espone il tema della mancanza di autostima: nonostante la sua straordinaria bellezza esteriore, «Narciso rifugge il contatto umano, celando un vuoto interiore dietro uno strato di vano orgoglio». L'illusione di Narciso di colmare il vuoto interiore, attraverso l'adorazione della propria immagine riflessa, rivela la fragilità di un'autopercezione basata sull'apparenza e lo condanna alla disperazione. Lo scultore ha pensato all'opera per due anni e ce ne ha messo uno per realizzarla: «La difficoltà maggiore col marmo è la statica, trovare espedienti perché possa reggersi bene. Mi piace la riuscita del velo invisibile di congiunzione tra i due corpi, l'idea dello specchio del fiume, e come sono resi i capelli della donna che, essendo un riflesso, devono dare la sensazione di cadere dall'alto pur stando in basso». 

 

«Narciso» arricchisce la collezione dello Jago Museum, aperto al pubblico lo scorso maggio grazie ad una convenzione firmata dalla parrocchia di Santa Maria della Sanità con il Fondo Edifici Culto. Domani verrà inaugurato anche il percorso «Lucis in Fundo», un tour guidato al patrimonio culturale del rione Sanità a cura dei giovani della cooperativa La Sorte. 

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