Gabriel Zuchtriegel, Pompei la città incantata: così l'archeologia diventa cosa viva

Domani alle 18 la presentazione a Napoli nella Feltrinelli di piazza dei Martiri

Gabriel Zuchtriegel
Gabriel Zuchtriegel
Maria Pirrodi Maria Pirro
Lunedì 13 Novembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 14 Novembre, 07:31
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Oggi è un po' più facile immaginarselo grazie agli affreschi e ai reperti scoperti: a Pompei duemila anni fa i poveri, ma anche i ceti medi, di solito non cucinavano, mangiavano pane e basta. Quando potevano lo accompagnavano con una cipolla, delle olive, forse un pezzo di formaggio, del pesce salato, noci e fichi. Nella parte scavata della città antica si contano 36 forni, uguali a quelli in cui ancora si cuoce la pizza. E, non lontano, c'erano le «tavole calde», almeno 80, l'ultima individuata nel 2020, nella Regio V, dove si serviva lo street food dell'epoca: zuppe e stufati da asporto. Anche se lo spazio per consumarlo sul posto mancava o comunque era ristretto: si divorava il pasto per strada, in alternativa lo si portava a domicilio. Solo che molte case erano composte da appena 1-2 ambienti al pianterreno, e nelle stanze anguste presumibilmente ci abitavano 14 persone, 20.000 nel centro urbano, 45.000 nell'intera zona.

Con i suoi caratteristici «bassi», se si esclude l'arte ai fornelli diventata sempre più popolare, nonostante le piccole camere a disposizione, la Napoli dei Quartieri Spagnoli si avvicina in modo sorprendente alla colonia romana «sepolta viva» dal Vesuvio nel 79 dopo Cristo. O almeno con questo paragone Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico, fa entrare il lettore di Pompei, la città incantata (domani alle 18 la presentazione a Napoli nella Feltrinelli di piazza dei Martiri) dentro uno spaccato di vita quotidiana che, provando a sciogliere tecnicismi e a intercettare pubblici diversi, mescola passato e presente, misteri e ipotesi, erotismo e omosessualità, miti e bambini, schiavi, pitture: e ci spinge a dialogare con il mondo classico, partendo da un punto di vista personale, più vicino. Difatti, l'autore comincia raccontando la sua esperienza, dalla telefonata inattesa nel 2021, quando il ministro della Cultura gli anticipa la nomina, alle accese polemiche sulle sue competenze finite sui giornali al momento del decreto. Ma il 42enne rivela, per la prima volta, più di qualche dettaglio sulla sua vita privata, al di là dell'incarico istituzionale: il divorzio dei genitori, così insolito allora in un paesino della Germania del Sud, le lezioni di pianoforte del padre-artista e, suonando, il tentativo di farsi accettare tra la «gente per bene». Poi, ricorda «una specie di rivolta contro l'establishment» durante l'università culminata con la tesi sulle latrine e sistemi fognari nella polis. E le occasioni di lavoro inseguite in Italia, sostenuto da Massimo Osanna, anche lui archeologo e suo predecessore alla guida del parco, adesso direttore dei Musei negli uffici romani. 

Certo, Zuchtriegel scrive pure della vita che conducevano gli schiavi e i liberti e delle loro tombe, come quella di Marcus Venerius Secundio, di Dionisio e Arianna, di religioni e riti veri o presunti nella Villa dei misteri; spiega i quattro stili della pittura, la funzione delle statue per rendere tangibile la presenza delle divinità, e non trascura la sensualità del corpo maschile e l'importanza del contesto per comprenderne i significati.

Quindi, introduce il tema dell'intelligenza artificiale, dei droni e degli altri strumenti utilizzati per monitoraggi e ricerche, dei tesori ritrovati da poco e delle 1300 vittime dell'eruzione finora dissotterrate, alcune con il viso schermato dalle mani per proteggersi dalla nube piroclastica di 200-300 gradi che si propagava dal vulcano a una velocità di quasi 100 chilometri orari. E il viaggio potrebbe, anzi dovrebbe, continuare nell'Orto dei Fuggiaschi per trasmettere a pieno l'emozione di quegli attimi concitati.

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Nel libro, l'archeologo prosegue rievocando il saccheggio del Foro dopo la distruzione della città e lodando la più recente operazione condotta con l'«eroico» Nunzio Fragliasso, procuratore capo di Torre Annunziata, che ha consentito di fermare le razzie a Civita Giuliana e di recuperare un carro cerimoniale unico. Ma anche di questi risvolti ne fa un diario attuale che vuole essere intimo, rilanciando davanti a noi domande esistenziali sulla finitudine dell'uomo e sul senso stesso della vita. Che Zuchtriegel trova nel rapporto speciale creato con i ragazzi delle scuole coinvolti in un laboratorio di teatro tra le colonne di pregio, rendendo finalmente «loro» i luoghi magici. Alla fine, per il più titolato delle guide diventa meno importante cosa dire sulla Pompei del passato. «Perché il fulcro siamo noi o, meglio, il fulcro è, attraverso la visita, crescere andando oltre noi stessi». Come «pellegrini spirituali» anziché turisti in gita per un giorno, quel che resta è «una piccola evasione dalla prigione totalizzante del presente», come se a parlarci fossero direttamente opere d'arte e oggetti realizzati duemila anni fa. 

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