Tende da cucina che disegnano la faccia della Gioconda di Leonardo? Kitsch puro. Riproduzioni di Gauguin per abbellire la stanza da bagno? Kitsch da wc. Foto plastificate di Giovanni XXIII incollate su conchiglie di plastica? Kitsch pseudo-religioso. Etichette del formaggio «robiolina Gioconda» con sorriso? Gastro-kitsch. Giardini ornati dai Sette Nani e da Venere seminuda? Kitsch mitico.
E queste sono solo alcune delle centinaia di immagini che ci assalgono, come scimmiottamenti della vera bellezza, in un libro di Gillo Dorfles intitolato Il kitsch, appena tornato in libreria per Bompiani.
Il libro di Dorfles, rivisto e ampliato fino agli anni Novanta, oltre a miriadi di immagini ospita molti scritti, tra gli altri di Vittorio Gregotti e Ugo Volli, e saggi di Broch e Greenberg: ciascuno a indagare una ramificazione dell'idea e della realtà del kitsch, dalla religione al turismo. E forse è proprio lo scrittore Herman Broch a bollare il kitsch con i pensieri più taglienti: «Chi produce kitsch non è uno che produce arte deteriore o un artista incapace... Chi produce kitsch non può assolutamente essere valutato secondo criteri estetici, ma più semplicemente deve essere giudicato come un essere eticamente abietto, come un malfattore che vuole il male alla radice... Il kitsch deve essere considerato come "male" non solo per l'arte, ma per ogni sistema di valori che non sia sistema di imitazione... Tutti i periodi storici in cui i valori subiscono un processo di disgregazione sono periodi di grande fioritura del kitsch...».
Ma allora noi siamo in un grande periodo kitsch? Per Broch certamente sì. E Dorfles? Lui va oltre, e sostiene che anche i semi-colti, e persino gli intellettuali, sono ormai preda del kitsch, perché credono, per esempio, che facendo collezione di oggetti kitsch o ridendoci sopra si esorcizzi il kitsch: ma è falso, essi semplicemente lo sdoganano e lo perpetuano.
Ma allora non si possono prendere oggetti o idee kitsch e usarli in arte per mostrare la loro assurdità e miserabilità, come faceva l'immenso Frank Zappa? Certo, per Dorfles è ciò che fanno i veri, pochi artisti contemporanei: gli altri, i molti, producono kitsch illusi di produrre arte.
Che fare quindi? Per Dorfles la sola risorsa era educare alla bellezza attraverso la verità e viceversa, cosa che lui sperava ma vedeva difficile. E oggi? Qui nel regno in cui Elon Mask sfida Zuckerberg a fare la lotta greco-romana nel Colosseo, Barbie è considerato un film femminista e il cinema lo girano i figli di papà che si auto-yutubbano mentre vanno contromano o mentre stuprano una ragazza? Oggi siamo ancora capaci di distinguere la bellezza o la verità in arte, musica, letteratura e soprattutto politica? Oppure abbiamo perso i punti di riferimento, e sopravviviamo in un reame di scimmie saccenti che imitano malamente qualsiasi cosa distorcendo qualsiasi cosa in quello che Broch chiamava il male assoluto?
Mah! Intanto ora che alzo gli occhi dal mio schermo vedo su una mensola la copertina di un cofanetto cd di musica bella e vera, su cui un Vivaldi strafatto in colori pop suona il violino come una chitarra elettrica, e penso: mio Dio, il virus del kitsch ce l'ho in casa!