Elodie Harper e La casa della porta dorata: la saga di Amara a Pompei ​dal lupanare a concubina

L'atmosfera è ricca di segnali angoscianti, terremoti e foschi presagi che lasciano intuire la catastrofe imminente

Elodie Harper
Elodie Harper
di Ugo Cundari
Mercoledì 2 Agosto 2023, 08:00
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Lei, Amara, non è più una prostituta del peggiore lupanare della città, come l'abbiamo conosciuta in Le lupe di Pompei. Grazie ai favori del suo giovane amante e ai soldi di Plinio il Vecchio, in La casa della porta dorata (Fazi, pagine 412, euro 19, traduzione di Monica Pareschi e Giulia Gresti) secondo volume della trilogia di Elodie Harper, ora è una liberta, una schiava diventata libera, o meglio una concubina. Vive in una casa con due schiavi, ha a disposizione bei vestiti e profumi ricercati. Prende lezioni di arpa.

Da donna intelligente sa, però, che da un momento all'altro può tornare alla condizione di prima, basta che il suo uomo cambi gusto e tutto finisce.

Non riesce a essere felice per la sua nuova condizione anche perché ha perso la sua più grande confidente e, dopo aver riscattato alcune delle sue amiche che ancora lavoravano nel bordello, si è indebitata con il suo vecchio lenone che adesso la minaccia per essere pagato. Per difendersi non può contare su un compagno che stia sempre con lei, perché il suo amante ha moglie e figli, e di notte ha ancora gli incubi di quando vendeva il suo corpo, rivive disperata il dolore e la violenza di quando gli uomini le si sdraiavano sopra fin quasi a soffocarla, ansimavano, sudavano, le stringevano il collo e lei soffriva in silenzio. Sarà tutto più complicato quando il suo amante si dimostrerà diverso da quello che sembrava e lei, inaspettatamente, si innamorerà di un suo schiavo con il rischio di essere scoperta e mandata a morte.

Anche stavolta la scrittura della Harper è scorrevole, l'intreccio perfettamente riuscito, l'ambientazione dell'antica Pompei ricostruita con una accuratezza di dettagli così come i piatti che mangiavano, i vestiti che indossavano, le polveri che le donne usavano per truccarsi, e anche l'intercalare ricalca il latino dei pompeiani, ricco di espressioni popolari come «cazzo» e «merda». 

Ciò che colpisce del romanzo è la capacità dell'autrice di innestare su un fondo storico circoscritto una vicenda umana senza tempo, quella di una donna che si sente minacciata da tanti uomini pronti ad approfittare di lei e ciononostante non si tira indietro, ha paura ma è decisa ad affrontare tutto e tutti perché sa che solo così può avere rispetto di sé stessa, quel rispetto che nella prima parte della sua esistenza gli uomini le hanno tolto insieme alla dignità. E allora, benché la sua natura sia di dolcezza e comprensione, si costringe a piegarsi alle bassezze necessarie per difendersi, per non farsi schiacciare. Per sopravvivere in un mondo di lupi, lei che voleva dimenticare il suo passato al lupanare, non può permettersi il lusso della vulnerabilità. Deve diventare più astuta dei suoi nemici, e ci riesce. L'atmosfera è ricca di segnali angoscianti, terremoti e foschi presagi che lasciano intuire una catastrofe imminente, quell'eruzione che ci sarà di lì a quattro anni e sarà al centro del terzo volume, Il tempio della Fortuna, in uscita nei paesi anglosassoni a novembre e in Italia sempre per Fazi nel 2024. 

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