Laura Micozzi e le poesie di Catullo: «La passione si fece verso»

La traduzione in una lingua che vuol essere contemporanea, che prova a sciogliere le difficoltà di una poesia semplice solo in apparenza

Lesbia e Catullo in un dipinto
Lesbia e Catullo in un dipinto
di Giuseppe Montesano
Venerdì 28 Luglio 2023, 08:00
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Oggi è un po' difficile immaginarselo, ma a Baia duemila anni fa i belli e le belle della jeunesse dorée, figli e figlie di ricchi e politici e imprenditori dell'antica Roma, ci arrivavano con gli yacht d'alto bordo del tempo, ci stazionavano sotto baldacchini per proteggere dal sole le pelli candide delle donne, e sotto i baldacchini gli schiavetti seminudi portavano le sperlunghe con sopra le ostriche di Lucrino appena aperte e i calici traboccanti di Falerno, e quando poi la sera calava e cantori eunuchi e suonatrici di aulos si scatenavano con le danzatrici del ventre, allora nei separé formati dai teli dei baldacchini maschi, femmine, omosessuali, bisessuali e multi-sessuali davano inizio a festini in cui il gender dei romani e delle romane di allora era dissolto.

E a quelle feste non c'erano solo giovani, ma anche molti togati e molte matrone mogli di potenti: come Clodia, quella Clodia che per un po' di tempo, che a lui sembrò la sola vita vera, fu l'amante del poeta Catullo, la donna esperta in erotismo che lui chiamò Lesbia, la donna odiata da Cicerone perché colta e disinibita, la donna che a un certo punto si stufò di Catullo che la voleva solo per sé e tornò a fare crociere a Baia con gli amici.

Ma cosa fece davvero Clodia-Lesbia a Catullo oltre che spezzargli il cuore? Clodia fece entrare Catullo, per la prima e ultima volta nella sua vita, dentro la ferita spalancata di Eros, il dio bambino, animale, distruttore, guaritore, sbadato, muto, ciarliero, leggero, profondo: e il dio trasformò un cantore di mitologia e un gingillone modaiolo in un grande poeta, costringendolo a portare l'arte nel cuore della ferita amorosa.

E così Clodia-Lesbia lasciò i suoi baci e i suoi morsi nella bocca del Liber catulliano, che torna ora ai lettori in una nuova edizione degli Oscar Mondadori: Catullo, Liber. Tutte le poesie (pagine 408, euro 11,50), a cura di Laura Micozzi, che traduce Catullo in una lingua che vuol essere contemporanea, che prova a sciogliere le difficoltà di una poesia semplice solo in apparenza, e che, soprattutto, accompagna ogni poesia con delle note a pie' di pagina essenziali, chiaritrici e non professorali. 

E, ancora una volta, risorgono davanti a noi i diversi mondi poetici di Catullo: il mondo in cui lui, il gingillone, va in cerca di un amico in mezzo alle ragazze che affollano il Foro e che lo prendono in giro, invitandolo a non cercare l'amico-amante ma a prendere loro; il mondo di leggerezza in cui deliziosamente scherza con un suo giovane compagno di svaghi erotici; il mondo in cui scrive a un altro amico che non riesce a dormire, eccitato dalle poesie che hanno letto insieme; il mondo in cui piange, in versi di intoccabile perfezione, la morte del fratello; il mondo iper-raffinato in cui scatena la sua bravura metrica raccontando antichi miti di sangue e d'amore; il mondo alla Marziale in cui sfotte feroce i potenti e i corrotti, ma anche i nemici personali e i presunti amanti di Clodia; e, su tutti, il mondo della caleidoscopica storia d'amore con Lesbia-Clodia, in cui canta il mondo-Lesbia nel tempo in cui tutto è splendido e lui può ancora giocare a scrivere per lei i raffinati versi sul passerotto che le mordicchia il ditino, in cui i baci tra loro si moltiplicano a migliaia perché nessuno li possa contare, e in cui il corpo di lei è luce che eclissa ogni altra donna o maschio; e il tempo in cui dietro la dolcezza fanciullesca si apre l'abisso della passione che lui vorrebbe perpetua e che lei affida al desiderio mutevole, quel tempo brevissimo nella realtà ma smisurato nei sogni di Catullo; e il tempo in cui scopre di amarla e di odiarla allo stesso tempo, crocifisso; il tempo in cui vuole ferirla dicendole che ormai fa l'amore per strada come una puttana, succhiando tutti i romani; il tempo in cui si pente di averlo detto e, cercando una compostezza che non ha, le dice con lacrime trattenute che lei ha camminato sui giuramenti di fedeltà e lo ha calpestato; e infine il tempo che anticipa tutte le modernità e trasforma il bassorilievo marmoreo in danza oscura, il tempo in cui dichiara che lui lo sa che Clodia va a Baia e ha nuovi amanti e si offre a tutte le perversioni che desidera, ma che lui, anche se non capisce perché, lui, proprio per il fatto che lei fa questo, la vorrebbe ancora di più, contro ogni ragione e ogni fedeltà.

Ma ciò che Catullo dice di non capire, lo capisce l'insolente bellezza della sua poesia: perché quella poesia ebbra e sveglia sa che nella passione per Clodia-Lesbia vive Eros, e sa che quando sorge Eros allora Bene e Male devono tramontare. 

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