Museo Caruso al Palazzo Reale di Napoli: viaggio all'interno tra reperti d'epoca e punti d'ascolto

Inaugurazione con il ministro della Cultura Sangiuliano

Apre a Napoli il museo Caruso
Apre a Napoli il museo Caruso
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Giovedì 20 Luglio 2023, 08:00 - Ultimo agg. 21 Luglio, 07:59
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Certo, mancano ancora almeno i musei dedicati alla canzone napoletana, a Eduardo De Filippo e a Totò (ne parliamo dopo), ma da ieri Napoli è un po' meno folle e un po' meno ingrata. Solo una follia ingrata poteva permettere a una città che si vorrebbe capitale musicale (e turistica) di non dotarsi di uno spazio che celebrasse uno dei napoletani più famosi, di tutti i tempi e nel mondo. A 150 anni dalla nascita del tenorissimo (25 gennaio 1873) l'inaugurazione del Museo Enrico Caruso nel palazzo reale di Napoli, nella sala Dorica finora usata per esposizioni occasionali, è stata salutata dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, dal sindaco Gaetano Manfredi, dal direttore generale ai musei Massimo Osanna e dal direttore di Palazzo Reale Mario Epifani per quello che è: un evento, celebrato a due passi dal San Carlo, ma ora dei fischi del dicembre 1901 non si parla, per carità.

Scusate il ritardo, certo. Ma è bello sentire la voce di don Enrico sparata nel cortile di palazzo reale, mettere fine a un silenzio inspiegabile. «Caruso è un'icona di italianità, non solo una leggenda del belcanto, ma un esempio dell'italianità migliore, da esportazione», ricorda Sangiuliano. E Manfredi mette l'accento «sulla sua modernità. Visse poco, solo 48 anni a cavallo tra 800 e 900, fu divo lirico, lanciò canzoni napoletane diventate immortali, fu il simbolo dell'allora fantascientifica industria del grammofono». Così a divo moderno, «quasi pop», corrisponde un museo moderno, quasi pop. La musicologa Laura Valente, che corona un lungo sogno e impegno, ha disegnato un percorso che accanto a reperti e memorabilia (in larga parte provenienti dalla collezione di un carusiano doc come Luciano Pituello) si accompagna un discorso multimediale.

Postazioni interattive (all'ingresso ti consegnano un telefonino e delle cuffie) permettono di ascoltare (in diverse lingue) la sua storia, di scegliere le romanze da sentire, i percorsi narrativi da seguire (Caruso figlio di Napoli, Caruso a New York, Caruso on stage, Caruso off stage, Caruso in tour), i podcast da approfondire. Ci sono oltre 3.000 documenti digitalizzati e un centinaio di oggetti d'epoca, 43 postazioni audio, le valigie del tenore nato posteggiatore, i busti, due costumi d'opera...

Grazie a una rete preziosa di relazioni (innanzitutto il museo carusiano di Lastra a Signa, gli archivi Ricordi e Puccini, e poi San Carlo, Scala, Metropolitan, Cineteca di Bologna e Moma, grazie ai quali in una saletta si può vedere la copia restaurata di «My cousin», film del 1918 di Eward Josè con il tenore come attore, muto all'origine, ora sonorizzato per dar vita ad una sorprendente sequenza con «Vesti la giubba») ci sono spartiti d'epoca, una dedica autografa di Denza, le caricature carusiane (dagli schizzi cubisti ai tratti impressionisti), antichi vinili e fonografi, cartoline spedite da tutto il mondo, locandine, manifesti, fotografie, rulli...

L'ascolto è centrale, stiamo parlando della più grande voce di tutti i tempi, ma la narrazione non è da musicofili maniacali (un po' di spazio in più per la canzone napoletana ci sarebbe stata bene, però), lo stile divulgativo e moderno. «È il 499esimo museo statale», ricorda Osanna, «il n. 500 potrebbe essere quello dedicato a Totò, che apriremo nel Monte di Pietà di cui stiamo definendo l'acquisto in questi giorni». Il ministro parla di «un atto dovuto, per Caruso, che colma una grave lacuna e ricuce il rapporto fra il cantante e la sua città, come faremo per il principe del sorriso. Qualcuno dice che io faccio troppo per Napoli. Non è vero, io sono stato ben tre volte a Venezia, due a Firenze, in Piemonte più volte, però che io abbia il mio cuore qui non lo nego, e se è un delitto commetterò il delitto di amare Napoli». «Delitto» che prevede prossimamente anche la nascita dei musei nazionali del Vomero che accorperanno insieme castel Sant'Elmo, San Martino e Villa Floridiana.

 

«L'operazione Caruso rientra tra gli interventi programmati nell'ambito del Piano Strategico Grandi Progetti Beni Culturali» ricorda Epifani: è il primo dei 15 progetti finanziati con 23 milioni di euro. L'architetta Almerinda Padricelli, project manager, ha coordinato il lavoro di un team di 115 persone.

«Sigari cubani e marmellate del Wisconsin, alici dell'Alaska e olio d'oliva italiano, francobolli con il suo ritratto stampati in tutto il mondo ma anche asteroidi, caffè e mais a stelle e strisce: non c'è prodotto sul mercato che non sia stato battezzato nel nome di questo napoletano illustre che ha saputo conquistare l'ammirazione incondizionata di re e regine senza mai dimenticare gli ultimi della terra, quei migranti pche si riunivano davanti ai 78 giri per respirare la nostalgia di casa sulle note delle sue canzoni», ricorda la Valente: «La sua rivoluzione consiste nell'aver incarnato con entusiasmante verità il sentimento popolare dell'Italia contadina, cantando con la nobiltà formale e sostanziale della scuola antica». 

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Il suo faccione tira ancora: al buffett spunta un vino che lo rilancia, il testimonial Caruso è finalmente di nuovo al servizio di una Napoli un po' meno folle e un po' meno ingrata.

Scusate il ritardo, comunque, don Enrico bello. 

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