Massimo Vigliar Rincorrendo le storie: il mondo con Sepulveda dalla Patagonia a Napoli

Sepúlveda, nota Vigliar, «era rimasto affascinato dai napoletani: a tutti i suoi amici raccontava la storia del caffè sospeso»

Luis Sepulveda
Luis Sepulveda
di Titta Fiore
Lunedì 13 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18:18
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Luis Sepúlveda e Massimo Vigliar s'incontrano quasi trent'anni fa a Gijón, in Spagna, dove lo scrittore cileno, a lungo apolide, aveva messo radici con la moglie Carmen Yánez, la compagna della gioventù e di sempre. Il produttore lo raggiunge lì, nel loro buen retiro, e insieme parlano di cinema, per accordarsi sulla sceneggiatura di «Terra del fuoco», un film di Miguel Littìn tratto dal racconto di Francisco Coloane. E da quel momento non si perdono più di vista. Quando si dice l'amicizia di una vita. La loro amicizia è stata davvero questo, un rapporto fraterno che si è nutrito di viaggi, di progetti, di sogni, di film e di incontri straordinari ai quattro angoli del mondo. Un filo sempre teso e pronto a vibrare di affetto e di ironia che il Covid, un giorno di aprile del 2020, ha drammaticamente reciso. Sepúlveda si ammala di quella che all'inizio sembra solo una brutta influenza, lo ricoverano, non si risveglierà più dal coma. Per Vigliar è un colpo durissimo: «La sua morte mi fece molto male», dice, «scrivere di lui è stata la mia terapia».

Oggi i ricordi «buttati giù per gli amici», per sentire Luis/Lucho ancora un po' vicino, sono diventati un libro, Rincorrendo le storie ( Guanda, 203 pagine, 18 euro), il toccante racconto di una stagione felice e di una vicenda umana magnifica fatta di complicità, di scoperte e di rispetto reciproco.

Carmen li ha letti per prima ed è stata proprio lei, spiega Vigliar, ad insistere perché fossero raccolti in un volume. Perché da quelle pagine che inanellano aneddoti entusiasmanti emerge un Sépulveda inedito e privato, non solo lo scrittore affermato nel mondo, lo sceneggiatore di fama, il regista, ma anche l'amico generoso, il compagno d'avventura sempre pronto a lasciarsi stupire dalla vita. E a inventarsene una nuova.

Da ragazzo, per guadagnare qualche soldo, l'autore di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare raccontava alla radio cilena le trame dei grandi film italiani, che per lui erano una vera passione. Con Vigliar, produttore nonché distributore di tanto nostro cinema classico, ebbe la possibilità di conoscere i maestri di quel mondo, diventò amico di Tonino Guerra e di Ettore Scola. E, a sua volta, un regista. Per il film «Ninguna parte» andarono a girare nel profondo nord dell'Argentina, su una linea ferroviaria che si inerpicava sui tornanti andini, «Corazon verde» è un road movie ambientalista nel cuore della Patagonia. «Puntavamo verso qualcosa in cui credo» scrive Lucho nel libro a proposito del suo primo ciak, «qualcosa che si chiama responsabilità etica dell'artista, e ho giurato che avrei raccontato una buona storia. Poi ho detto: Azione! ed è iniziata la magia del cinema». Tra festival (Sepúlveda è stato anche giurato alla Mostra di Venezia), anteprime, fiere del libro, in Rincorrendo le storie si incrociano divi come Harvey Keitel e Ornella Muti, musicisti da Oscar come Nicola Piovani, premi Nobel come Michail Gorbaciov, giornalisti-narratori come Gianni Minà e Maurizio Costanzo e, sullo sfondo, gli infiniti paesaggi argentini, la Patagonia protesa verso il nulla, le missioni dello scrittore con Greenpeace, le peregrinazioni per l'Europa e il Cile, con il ricordo doloroso, indelebile delle torture subite dal regime di Pinochet, il carcere e l'esilio. Ad arricchire il racconto, le fotografie dei due amici, Luis e Massimo, in tanti momenti trascorsi insieme, e le mail affettuosamente ironiche che si scambiavano, sulla famiglia, sui figli e sui guasti fatti dal tempo che passa. 

C'è anche un po' di Napoli, nel libro. Sepúlveda, nota Vigliar, «era rimasto affascinato dai napoletani: a tutti i suoi amici raccontava la storia del caffè sospeso, una forma di solidarietà nata negli anni difficili del secondo dopoguerra, quando un cliente che aveva la disponibilità di farlo era solito pagare due tazzine di caffè, un per sé e una per chi non poteva permetterselo... Luciano De Crescenzo chiamava questo gesto un dono all'umanità». E poi accadde che, camminando tra i vicoli della Sanità, lo scrittore fosse colpito da un ragazzo in motorino con dei libri nel portapacchi. E che quel ragazzo avesse una madre esperta pizzaziola e appassionata lettrice di «Patagonia Express». La cosa finì naturalmente a tavola, davanti a una pizza fumante che Luis non esitò a definire un'opera d'arte. Ma questa della città mondo, dove tutto diventa possibile, è un'altra storia. 

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