Piergiorgio Pulixi, Stella di mare: «Gomorra? A Cagliari si chiama Sant'Elia»

In libreria il sesto romanzo della serie «I canti del male»

Piergiorgio Pulixi
Piergiorgio Pulixi
di Francesco Mannoni
Sabato 26 Agosto 2023, 09:00 - Ultimo agg. 27 Agosto, 08:59
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Cagliari come Napoli? Sant'Elia come Scampia? Una ventina di libri già alle spalle, Piergiorgio Pulixi (cagliaritano di nascita, milanese d'adozione) ritrova molte somiglianze tra le due città e tra le due rispettive periferie. Stella di mare (Rizzoli, pagine 432, euro 17) è il sesto romanzo della serie «I canti del male» con protagonista il vicequestore e criminologo Vito Strega, uno psicopatico che nemmeno la neurologia moderna riesce a curare. Ha spesso periodi di crisi e interruzioni nel lavoro, ma quando dalla questura di Cagliari le ispettrici Mara Rais, Eva Croce e Clara Pontecorvo gli raccontano di Stella, una diciassettenne assassinata il cui corpo sfigurato è stato abbandonato in un'ansa del mare nei pressi della città, da Milano si precipita in Sardegna. Per indagare in rioni malfamati, scoprire che la bellissima giovane assassinata è la ragazza del boss di Sant'Elia e...

Perché Sant'Elia le ricorda Scampia? Tutte le periferie metropolitane sono eguali?
«Forse per la miopia del disegno politico e sociologico dietro questi grandi piani di edilizia popolare.

Ci si è più concentrati sulle architetture abitative che su quelle sociali che andavano costruite tra le persone che sono andate ad abitarci. Problemi quali l'integrazione, il welfare, la coesione sociale non si risolvono innalzando parallelepipedi di cemento zeppi di persone come alveari, per poi abbandonarli a se stessi, determinando situazioni di marginalità dove inevitabilmente la criminalità prospera. La malta da utilizzare è quella della cultura, del diritto allo studio, dell'accesso ai servizi che stanno alla base di ogni democrazia illuminata e soprattutto si devono operare investimenti concreti sul lavoro. Il cemento deve arrivare dopo questi interventi sociali e culturali: mai prima».

È l'ambiente che forma il criminale?
«Di certo un ambiente sbagliato, ostile, che non offre alternative, non aiuta. Anzi. Si pensi ai ghetti, ai dormitori come quelli che si utilizzavano una volta nelle grandi realtà metropolitane e industriali: gli operai avevano bisogno solo di un posto dove rifocillarsi e dormire prima di ricominciare il turno in fabbrica. Il problema è che qui non ci sono fabbriche. E nemmeno lavoro. Quindi il ghetto dormitorio è diventato una sorta di prigione. Nessun cinema, nessun teatro, nessuna libreria, nessun auditorium, zero biblioteche, pochi impianti sportivi. Soltanto cemento e asfalto senza soluzione di continuità. Alla fine, è chiaro che un giovane si dà alla criminalità: se vieni trattato alla stregua di un criminale per tutta una vita, isolato, ghettizzato e bistrattato in primis dallo Stato, alla fine ti identifichi in quel ruolo e ti comporti da criminale.»

Sant'Elia come Scampia/Gomorra centro dello smercio della droga?
«Senza dubbio. Se non arrivasse la droga, la criminalità organizzata sarda, non potendosi rifornire del prodotto, perdendo la propria principale fonte di approvvigionamento economica, verrebbe a svanire in poco tempo. Purtroppo, invece, la droga arriva, e pure in grande quantità. Sant'Elia è una delle arterie più importanti dell'isola nella geografia del narcotraffico. Non è l'unico quartiere, beninteso che impiega molte persone in questo business che avvelena l'isola. Paradossalmente, le trasferte del Cagliari calcio a volte sono state utilizzate da alcuni falsi tifosi sottolineo falsi per stringere alleanze commerciali con fornitori operanti in altre regioni. E se nel Sud dell'isola si spinge la droga verso tutti i centri nodali, nel Nord della Sardegna si riciclano i soldi guadagnati con lo spaccio».

Cosa rappresentano le tre ispettrici Mara Rais, Eva Croce e Clara Pontecorvo?
«Sono tre modi di vedere e vivere la femminilità e il mestiere di investigatrice. Avevo bisogno di tre sguardi diversi, peraltro condizionati dalle rispettive regioni di appartenenza: Sardegna, Lombardia e Toscana, che le caratterizzano a fondo. In più era un buon modo per raccontare le dinamiche dell'amicizia femminile che ha direttrici e regole molto diverse da quella maschile. Formano un buon trio investigativo, e ci tengono a non perdere mai l'umanità anche nei casi più difficili, come quello in oggetto come ha insegnato loro Strega, punto di riferimento e mentore».

E il vicequestore e criminologo Vito Strega?
«In quanto investigatore è il prodotto dei traumi che ha attraversato da bambino. Da quando la madre e la sorellina sono scomparse, quando lui aveva soltanto 8 anni, senza venire mai più ritrovate, qualcosa dentro di lui si è rotto per sempre. Il suo dono che ha più i caratteri di una maledizione è il sentire un coro di voci disperate dentro la sua testa, quasi che fossero le allucinazioni uditive di uno schizofrenico». 

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