Si è già parlato su queste pagine delle scrittrici ispaniche e ispanoamericane, quel mondo immenso che va dalla Spagna alla Terra del Fuoco e fino al Messico, e che nonostante muri di vario genere entra anche negli States e lì si mescola ad altri mondi: scrittrici e scrittori che da decenni fanno una narrativa viva e soprattutto dalle molte facce, una narrativa che, pur assediata come ovunque dalla pappa pronta richiesta dal mercato del «romanzo», cerca di trovare spazio alla diversità e alla qualità della scrittura. E ora arriva in libreria La famiglia, un romanzo di Sara Mesa pubblicato da La Nuova frontiera che segue i precedenti Cicatrice e Un amore, vincitore dello Strega europeo: il romanzo di una scrittrice vera, una scrittrice che fa letteratura e non pappa pronta. E si dirà: però che noia i romanzi sulle famiglie, quasi diventati un genere a parte, smarriti invano tra la piattezza e l'estremismo senza davvero parlarci, senza toccare i doppi fondi delle anime e delle realtà, già pronti per farne una sceneggiatura per film che riescono ad essere anche più noiosi e inutili dei libri da cui sono tratti.
Sì, solo che Sara Mesa racconta la sua famiglia partendo dall'essenziale: ciò che non appare evidente e che si scopre solo per pezzi e frammenti, per schegge e visioni, per rivelazioni e sussulti fatti di scrittura.
Come riesce questo piccolo sortilegio? Riesce perché la scrittura della Mesa ci cattura e ci invischia, e diventa dopo pochissime pagine il vero motore della storia, anzi delle storie, degli amori e amicizie e disamori dei componenti della famiglia, i genitori, due fratelli e due sorelle di cui una adottata. La scrittura cattura il lettore con minimi slittamenti, ferite chirurgiche, incisioni impreviste, tagli a tradimento, sorprese non sensazionali ma insieme logiche e assurde come lo è la realtà in apparenza più comune, e noi che leggiamo non possiamo smettere perché la scrittura della Mesa ci fa sentire parte della storia, ci fa sentire che per quanto diversi e lontani, i protagonisti di La famiglia vivono in parte anche in noi o accanto a noi. Con questo romanzo La Nuova Frontiera continua ad arricchire il suo catalogo ispano e ispanoamericano già ampio, ponendosi tra gli editori che fanno libri e autori importanti, come i grandi Julio Ramon Ribeyro e Silvina Ocampo, la magnifica Lina Meruane, il sorprendente Mario Levrero, per non dire dei romanzi di Juan José Saer, forse da noi il più ignoto e il più da scoprire tra i grandi scrittori argentini.
E un'altra buona notizia sugli editori che pubblicano latinoamericani viene da Napoli e dintorni: da Polidoro, che ha pubblicato la Diamela Eltit di Manodopera e la sorprendente Monica Ojeda di Mandibula, e dalle edizioni Wojtek, che hanno tradotto lo sfrenato, demenziale e irriverente Per favore, plagiatemi! dell'argentino Alberto Laiseca, Laiseca che ritorna con tre libri da Arcoiris, a Salerno, che ha un catalogo già vasto di ispanoamericani e, soprattutto, ha un progetto evidente. Con Loris Tassi e altri specialisti, Arcoiris traduce autori sghembi, sorprendenti e ignorati in Italia nella collana «Gli eccentrici», autori che, tra alti e bassi e medi, praticano una letteratura di confine, avventurosa e acuminata, da Max Polleri a Luis Gusman e fino a giovani come Ariel Luppino con i suoi romanzi inferi.
A questi editori, come a Sur, Edicola, Gran via, Calabuig, De Vecchi, Safarà, auguriamo di continuare a contrabbandare ispanoamericani, e a quelli di Arcoiris di pubblicare le 1400 pagine di Las Sorias, romanzo ignoto ma cult del lucido-delirante Laiseca.
Lettore, dimentica il Sudamerica allendizzato o cohelizzato e anche il realismo magico, e entra in questo inedito Sudamerica che sta fuori dai giardinetti pettinati e dove si scorrazza ancora in cerca di un po' di letteratura.