Alla tutela dei beni culturali e all'eredità artistica di Renato Guttuso, che lo aveva adottato poco prima di morire, Fabio Carapezza aveva dedicato la missione di una vita. Una lunga malattia lo aveva poi messo a dura prova e ora lo ha stroncato. Carapezza è morto a 68 anni a Roma dove viveva. Come dirigente del ministero dell'Interno aveva raggiunto il grado di prefetto, ma, in coerenza con i suoi interessi, era stato assegnato al ministero dei Beni culturali per il quale si era dedicato al lavoro di pronto intervento e di salvataggio delle opere d'arte in occasione di terremoti e calamità naturali. Sua l'idea di mettere a punto un piano d'azione per la messa in sicurezza di importanti beni culturali come il museo degli Uffizi di Firenze danneggiato dall'attentato mafioso del 1993.
Carapezza aveva anche curato gli interventi al tetto della basilica di San Francesco di Assisi e ai beni artistici monumentali di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo danneggiati dai terremoti.
Molte opere dell'artista sono state donate al museo di villa Cattolica a Bagheria dove Guttuso è sepolto in una tomba realizzata dal suo amico Giacomo Manzù. Carapezza ha curato non solo il trasferimento delle opere, ma anche importanti esposizioni, l'ultima in occasione della riapertura della villa.
Il caso dell'adozione
Guttuso decise di adottare Fabio Carapezza, figlio di uno scienziato siciliano, dopo la morte della moglie Mimise Dotti. E lo nominò suo erede universale. L'adozione, con tutti i suoi risvolti, diede origine a una contrapposizione con i nipoti di Mimise Dotti e con Marta Marzotto che rivendicava una parte dell'eredità dell'artista. Il caso diede origine a una lunga vicenda giudiziaria conclusa il 16 aprile 2002 in Cassazione con una sentenza che ha riconosciuto Fabio Carapezza unico erede legittimo di Guttuso.