Paestum parco archeologico: spunta una gemma con l'immagine di Zeus in trono

Verso la la riapertura del museo archeologico

L'area dei nuovi scavi
L'area dei nuovi scavi
di Erminia Pellecchia
Martedì 26 Settembre 2023, 07:00
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Una gemma con l'immagine di Zeus in trono con l'aquila e lo scettro: Paestum continua a svelare pagine inedite della sua storia. È affiorata nel corso dello scavo condotto dalla Scuola di specializzazione in archeologia dell'ateneo di Salerno e dell'Orientale di Napoli, diretta da Fausto Longo, all'opera in un'area quasi inesplorata della città, di cui, dice Tiziana D'Angelo, direttore del parco archeologico, «proviamo a ricostruire le trasformazioni urbane e paesaggistiche nel tempo».

L'impianto termale che sta prendendo forma nel cantiere mostra i crolli delle pareti con tutti i blocchi ancora adagiati al suolo, comprese le colonne del cortile dal raffinato pavimento in «opus spicatum» (a spina di pesce) e inserti di marmo colorato.

Qui e là si intravvedono pigmenti rossi, che annunciano la presenza di decorazioni a testimoniare l'importanza dell'edificio. Frequentatissimo come attestano gli altri manufatti rinvenuti, come lo splendido scarabeo di ametista, appartenente ad un anello, «tra gli oggetti, come i soldi, che più facilmente si perdevano nelle terme», sorride Longo, mentre mostra la moneta in bronzo, ben conservata, con l'effige di Marco Aurelio Probo, una delle undici, di varie epoche, trovate all'interno di quest'area di 700 metri, la più ampia in estensione mai scavata a Paestum: ideale per il progetto di ricerca teso a individuare, attraverso indagini stratigrafiche, la forma e la struttura della città, dagli albori alla fine.

E se la moneta con l'imperatore conferma che le terme - pubbliche ma probabilmente gestite da un privato - sono state utilizzate fino al III secolo d. C., i muri crollati fanno pensare a un terremoto. Quello terribile del 346 d. C. che colpì la Campania? Potrebbe, ma chiarisce Luigi Petti del dipartimento di Ingegneria civile dell'università di Salerno, che sta monitorando anche i santuari pestani, «di terremoti ce ne possono essere stati più di uno, giacché Paestum dista appena venti chilometri dalla faglia appenninica di Conza; i templi però hanno ben resistito».

Non le terme, affacciate sull'asse viario Porta Marina-Porta Sirena, il principale della città: non furono più ricostruite, così come altri edifici limitrofi. Paestum vive la sua agonia, si è impoverita, gli impianti idrici si deteriorano per mancanza di manutenzione, il terreno si fa acquitrinoso per gli allagamenti del fiume Salso, inizia il reimpiego di arredi e materiali, il marmo ridotto a calce, il bronzo fuso. L'ultimo colpo la prova è una moneta normanna l'infliggerà Roberto il Guiscardo portando via gran parte degli elementi edilizi per costruire il duomo di Salerno, come testimoniano le colonne del tempio di Pomona sottratte al tempio della Pace dove sta scavando l'università di Bochum. «Anche qui abbiamo avuto sorprese interessanti», avverte D'Angelo, «tra cui un piano pavimentale che certifica la trasformazione della città da greco-lucana a romana». 

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Stanca ma felice la direttrice, è stata un'estate intensa di lavoro a Paestum come a Velia. Per il primo sito la notizia è «che è imminente la riapertura del museo archeologico e che si stanno pensando percorsi di visita alle mura»; per il secondo che sono ripresi gli scavi al tempio arcaico dell'Acropoli. «Ci aspettiamo di trovare nuovi materiali che dimostrino l'incontro dei focei con altre culture del territorio e si sta concretizzando, grazie all'impegno del ministro Sangiuliano, il museo di Elea-Velia», sottolinea. La più grande soddisfazione? «Sono aumentati i visitatori italiani e stranieri, francesi, americani, tedeschi, un turismo sempre più attento e consapevole che sceglie il parco». 

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