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Diesel sempre più caro, scatta l’embargo russo: gli effetti per auto e Tir

Dal 5 febbraio non sarà più possibile importare in Ue prodotti raffinati russi

Diesel sempre più caro, scatta l embargo russo: gli effetti per auto e Tir
Diesel sempre più caro, scatta l’embargo russo: gli effetti per auto e Tir
di Giusy Franzese e Gabriele Rosana
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 23 Gennaio 2023, 22:40 - Ultimo agg. : 24 Gennaio, 07:43
5 Minuti di Lettura

Non è ancora allarme rosso, ma è bene stare in allerta. Molti analisti non hanno dubbi: a breve il prezzo del diesel potrebbe schizzare ancora di più verso l’alto. Già in questi ultimi giorni le quotazioni alla stazioni di rifornimento in Italia hanno ripreso la tendenza al rialzo con prezzi medi nuovamente vicini a 1,9 al self e superiori a 2 euro al servito. Ma è a ridosso del prossimo 5 febbraio che la situazione potrebbe peggiorare. In quella data, infatti, scatterà l’embargo totale dei prodotti raffinati dalla Russia, che andrà ad aggiungersi a quello del prodotto grezzo già in vigore da dicembre. Una scadenza nota che ha dato il tempo ai vari Paesi di accumulare scorte e cercare alternative.

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LE SCORTE
In questi ultimi due mesi c’è stata una vera e propria corsa all’acquisto di prodotti petroliferi raffinati: basti pensare che l’Europa nel 2022 ha importato dalla Russia una media di 600.000 barili al giorno di gasolio, nel mese di dicembre invece la media quotidiana è stata di circa 800.000. E nel frattempo sono stati “stressati” anche gli altri canali di approvvigionamento: dagli Usa ad esempio sempre a dicembre sono arrivati in Europa 210.000 barili al giorno in più. Si è fatta incetta anche dall’India e dalla Cina. Secondo analisti di settore l’import complessivo nell’Ue di gasolio/diesel non era mai stato così alto dal 2015. Un accaparramento continuato anche nelle prime due settimane di gennaio: secondo quanto riportato dalla Cnn che cita i dati Vortexa, i Paesi europei hanno raccolto quasi 8 milioni di barili di diesel russo. Tutto a posto, quindi?


Non proprio. L’importazione di gasolio da fornitori più lontani, compresi gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, farà aumentare i costi di trasporto del gasolio. «Ci aspettiamo che i prezzi del diesel aumentino in Europa. Ci aspettiamo una sorta di picco a febbraio, marzo» ha dichiarato alla Cnn Mark Williams, direttore della ricerca presso Wood Mackenzie. Non è detto però che peserà per tutti allo stesso modo. Perché all’interno dell’Europa la situazione tra un Paese e l’altro è molto diversificata. Per la Germania non sarà semplice fare a meno del gasolio russo che finora ha contribuito al 30% del suo fabbisogno, e così la Francia e l’Olanda (entrambe al 27%). Per non parlare dei paesi baltici che fino a questo momento hanno importato il 50% del loro fabbisogno di gasolio/diesel dalle raffinerie russe. Sta messo abbastanza maluccio anche il Regno Unito (29%). Da noi in Italia, invece, il discorso è completamente diverso: fino a giugno 2022 la Russia ci forniva soltanto il 5% di gasolio/diesel. Da luglio 2022 la quota è stata completamente azzerata: dalla raffinerie di Putin non è arrivato nemmeno più un barile.

D’altronde con i nostri 13 impianti sparsi per la penisola siamo praticamente autonomi: a fronte di un consumo interno di prodotti raffinati pari a 55 milioni di tonnellate, ne raffiniamo quasi 71. E potremmo spingere ancora di più il pedale sull’acceleratore, visto che la capacità produttiva teorica arriva a 88 milioni di tonnellate (la Germania, invece, ne consuma 92 e nel produce 83). Anche i dati sul solo gasolio sono in linea: ne consumiamo 26 milioni di tonnellate e ne produciamo quasi 30. È abbastanza ovvio però ritenere che una parte della domanda di altri Paesi Ue possa rivolgersi anche alle raffinerie italiane (che già esportano oltre 27 milioni di tonnellate di prodotti) facendo quindi alzare i prezzi anche in Italia.
IL NEGOZIATO
Nel frattempo, come già a dicembre, quando si trattava di definire il “price cap” sul greggio concordato a livello di G7 (poi fissato a 60 dollari al barile), l’entrata in vigore dell’embargo Ue sui derivati del petrolio coincide con la discussione, che sta prendendo corpo a Bruxelles, sul secondo tetto al prezzo dell’oro nero russo. Il tema è stato al centro degli scambi informali tra le diplomazie dei Ventisette e la Commissione europea durante lo scorso fine settimana, e sarà sul tavolo della riunione del Coreper, l’organo dove siedono gli sherpa, di domani. Adesso, infatti, occorre fissare (sempre in ambito G7, e con l’ok pure dell’Australia) un “cap” anche per i prodotti raffinati, e l’ipotesi che sta prendendo piede riguarda lo sdoppiamento al tetto: uno per i derivati più costosi come il diesel, e un altro per quelli più economici come il gasolio. E visto che si torna a discutere di “price cap”, i Paesi dell’Est Europa, Polonia e Estonia in testa, si fanno portavoce delle richieste dell’Ucraina e provano a convincere Bruxelles a rimettere in discussione il livello di tetto deciso poco più di un mese fa per il petrolio grezzo della Russia: il tentativo è di rivederlo al ribasso, come vuole Kiev. Secondo fonti diplomatiche, tuttavia, non ci sarebbe sufficiente consenso e la soglia, per ora, non dovrebbe essere toccata.

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