Bollette e benzina, la guerra in Israele rischia di costare caro agli italiani: il timore del carburante a 3 euro

Secondo Codacons, solo di carburante gli aumenti possono arrivare a 390 milioni di euro al mese

Bollette e benzina, la guerra in Israele rischia di costare caro agli italiani
Bollette e benzina, la guerra in Israele rischia di costare caro agli italiani
di Riccardo Palmi
Mercoledì 11 Ottobre 2023, 10:45 - Ultimo agg. 13 Ottobre, 10:48
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Sui mercati petroliferi internazionali regna l'incertezza dopo il deflagrare delle tensioni tra Israele e Gaza. E tra bollette e benzina il conto rischiano di pagarlo le tasche degli italiani. 

I numeri

Per Codacons, l’impatto in termini di aumenti per gli italiani potrebbe arrivare a 390 milioni di euro al mese solo per i costi dei rifornimenti di carburante. Basta un aumento di 10 centesimi di euro al litro per benzina e gasolio per dover pagare 5 euro in più ogni pieno. Per questo, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha sottolineato la necessità di vigilare, perché la situazione in Medio Oriente «rischia di far esplodere altre problematiche, mi riferisco per esempio a quella dell’energia come accaduto per la guerra della Russia in Ucraina, per l’approvvigionamento di gas e petrolio». Il timore sarebbe addirittura quello di vedere la benzina arrivare a 3 euro al litro

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Ritorno al passato

Uno scenario già visto dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, che ha costretto il nostro Paese a ridimensionare immediatamente la dipendenza energetica da Mosca, in uno contesto globale in cui molti stati hanno dovuto fare mosse simili. Anche per questo, con l'inverno in vicino e un'inflazione galoppante, i segnali di preoccupazione sono parecchi. Oggi sono in rialzo i prezzi del petrolio con il Brent a 88 dollari, mentre torna a scendere il gas naturale, che ieri aveva toccato i massimi da sette mesi a questa parte per le tensioni in Medio Oriente e i timori di sabotaggio a una condotta in Finlandia.

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Ieri per precauzione Israele ha bloccato in via precauzionale la produzione del giacimento Offshore di Tamar con l'americana Chevron come operatore, a circa 90 km in mare da Haifa. Questo indotto alimenta parte di Egitto, mentre altro gas arriva in Europa. Il presidente di FederPetroli Italia Michele Marsiglia, in una sua dichiarazione ieri all'apertura dei mercati, ha parlato di «copione già visto, con un pericolo forniture estere annunciato la scorsa settimana in una diretta Rai sulla problematica dei nostri approvvigionamenti in Africa e Medio Oriente».

Per l'Italia i problemi derivano dal fatto che «l'80% di approvvigionamento energetico» viene dall'estero tra petrolio e gas, ha aggiunto Marsiglia. Come noto infatti la produzione nazionale di petrolio è ancora un miraggio, mentre oggi il primo esportatore verso il nostro Paese è l'Algeria (con il 36%), rendendoci di fatto esposti al contesto internazionale, che sembra peraltro diventare sempre più instabile. 

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