Pensioni, niente tagli per medici e maestri che lasciano a 67 anni: assegni più bassi solo se si anticipa l’uscita

Le penalizzazioni sugli assegni solo se si anticipa l’uscita. Quota 103 in salita per le dipendenti della Pa: per loro lo scivolo sarà soltanto di 4 mesi

Pensioni, niente tagli per medici e maestre che lasciano a 67 anni: assegni più bassi solo se si anticipa l’uscita
Pensioni, niente tagli per medici e maestre che lasciano a 67 anni: ​assegni più bassi solo se si anticipa l’uscita
di Andrea Bassi
Venerdì 17 Novembre 2023, 21:37 - Ultimo agg. 20 Novembre, 09:50
4 Minuti di Lettura

Un salvagente ci sarà. Medici, maestre d’asilo, dipendenti comunali e ufficiali giudiziari, potranno in qualche modo evitare il taglio della futura pensione previsto dalla manovra di bilancio. Sul tavolo ci sono ancora diverse soluzioni, ma quella più probabile è la differenziazione tra chi lascia il lavoro in anticipo, grazie agli anni di contributi, e chi invece va in pensione di vecchiaia, ossia una volta maturati i 67 anni di età. Per questi ultimi la penalizzazione dovuta alla revisione dei coefficienti di calcolo della quota retributiva della pensione non scatterà.

Le uscite anticipate

Per chi lascia il lavoro in anticipo, perché ha versato contributi per 42 anni e 10 mesi (nel caso degli uomini) o 41 anni e 10 mesi (nel caso delle donne), saranno applicati i nuovi coefficienti più penalizzanti previsti dalla manovra di Bilancio.

Ieri questa ipotesi, insieme ad altre, è stata esaminata in un vertice a tre tra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, quello del Lavoro Marina Calderone e il ministro della Salute, Orazio Schillaci. Fonti del Tesoro hanno definito l’incontro ancora «interlocutorio».

I nodi coperture

Restano da risolvere i problemi di copertura e di equilibrio nel lungo termine del sistema previdenziale. Il problema non riguarda tanto il prossimo anno, quando da questa misura sono previsti risparmi per soli 17,7 milioni di euro. Il vero punto è che questo “riequilibrio” delle aliquote di rendimento tra i dipendenti pubblici, ha un impatto nel 2043 di 3,5 miliardi. L’intervento insomma, aiuta ad abbassare la gobba pensionistica nel momento del suo maggiore impatto sul Pil del Paese. Per il Tesoro, che deve dare segnali al mercato di sostenibilità nel lungo periodo del bilancio pubblico, si tratta di una correzione alla quale è difficile rinunciare. Un punto, questo che non ha mancato di rilevare anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che nella sua approfondita analisi sulla manovra ha spiegato che «su un orizzonte di lungo periodo l’impatto assoluto sui conti (della misura, ndr) appare macroscopico». Eliminarla come detto, non è semplice, a meno di non voler sostituire il ricalcolo per gli assegni di medici e maestre con un altro intervento sempre sul sistema previdenziale. 

L'alternativa

L’alternativa è che il “salvagente” sia a tempo. Resti in vigore cioè, soltanto il prossimo anno e al massimo il 2025. Poi anche per chi lascerà con 67 anni di età, scatterebbero i nuovi conteggi. Che la strada possa essere questa lo lasciano intendere le stesse dichiarazioni del ministro Calderone. «Devono esserci», ha detto, «interventi complessivi perché la norma tocca una platea che non è solo limitata ai medici, ma riguarda tante gestioni del pubblico impiego come i dipendenti degli enti locali. - ricorda Calderone - Ci riferiamo a una norma antica che prevede delle rivalutazioni delle pensioni sulla base di una tabella di 58 anni fa, gestita in un contesto in cui l’Italia era diversa, erano diverse le aspettative di vita e anche gli equilibri tra gestioni pensionistiche, una riflessione in futuro certamente andrà fatta nell’interesse dei giovani che avranno pensioni totalmente contributive».

L’altro fronte

Sul fronte delle pensioni dei dipendenti pubblici intanto, rischia di aprirsi un altro fronte. Quota 103 rischia di essere di fatto preclusa alle donne che lavorano nel pubblico. Colpa dei requisiti stringenti della norma. Anche questa volta, a rilevare questo aspetto, è stato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Il ragionamento è semplice. Quota 103 permette di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi e 62 di età e a patto di accettare il ricalcolo contributivo dell’assegno (molto penalizzante). Inoltre, per i soli dipendenti pubblici, la finestra mobile per il pensionamento è stata fatta salire a 9 mesi contro gli attuali 3 mesi. Tuttavia oggi le lavoratrici pubbliche, come del resto tutte le lavoratrici, possono lasciare il lavoro con 41 anni e 10 mesi di contributi. Nei fatti con Quota 103 potrebbero anticipare di soli 4 mesi la pensione. E sempre accettando un assegno più basso. Una scelta che di fatto sarebbe irrazionale. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA