Istat, Pil all'1.2%: l'Italia cresce, ma senza giovani. Gli stipendi bassi provocano la fuga dei talenti

Registrati 22mila ultracentenari. I laureati cercano lavoro all’estero

Istat, Pil all'1.2%: l'Italia cresce, ma senza giovani. Gli stipendi bassi provocano la fuga dei talenti
Istat, Pil all'1.2%: l'Italia cresce, ma senza giovani. Gli stipendi bassi provocano la fuga dei talenti
di Giacomo Andreoli e Michele Di Branco
Sabato 8 Luglio 2023, 00:01 - Ultimo agg. 9 Luglio, 12:41
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L’Italia è in ripresa, con il Pil in aumento dell’1,2% quest’anno e dell’1,1% nel 2024. Cresce più della media europea, ferma all’1%. Lo segnala il rapporto 2023 dell’Istat, che sottolinea però come i nostri giovani fatichino ad imporsi sui cugini europei. La crisi del lavoro e di competitività porta sempre di più alla fuga dei cervelli. Nel 2019 abbiamo raggiunto un picco di flussi migratori verso l’estero: 180mila. Dal 2012 al 2021, poi, sono espatriati 337mila giovani tra i 25 e i 34 anni. Un fenomeno che solo in parte si sta attenuando.
Un dato su tutti è allarmante: nel 2022 quasi un quinto della popolazione compresa tra i 15 e i 29 anni non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione. Si tratta dei cosiddetti Neet. E ancora: il 47,7% dei 18-34enni mostra almeno un segnale di sofferenza in uno degli elementi chiave del benessere (istruzione e lavoro, coesione sociale, salute, benessere soggettivo e territorio). Così, come sottolinea il presidente facente funzioni dell’Istat, Francesco Maria Chelli, «iniziare una vita autonoma e formare una nuova famiglia è sempre più un percorso ad ostacoli». Questo in uno scenario in cui gli stipendi dei lavoratori dipendenti in molti settori inseguono con il fiato corto l’inflazione, che sta pesando sul potere d’acquisto delle famiglie. 

Salari al palo

Quello dei salari è uno dei nodi più difficili da sciogliere per l’economia italiana. Nei primi cinque mesi dell’anno le retribuzioni sono cresciute appena del 2,2%, a fronte di un caro prezzi in aumento del 9%. Da Nord a Sud i lavoratori guadagnano infatti circa 3.700 euro l’anno in meno rispetto alla media dei colleghi europei e oltre 8mila euro in meno della media di quelli tedeschi. 
La retribuzione media annua lorda per dipendente è pari a quasi 27mila euro, inferiore del 12% rispetto a quella Ue.

L’Istat indica che tra il 2013 e il 2022 la crescita totale delle retribuzioni lorde per dipendente in Italia è stata del 12%, circa la metà della media europea. Il potere di acquisto, negli stessi anni, è sceso del 2% (mentre negli altri Paesi è salito del 2,5%). Per migliorare la situazione i salari dovrebbero essere adeguati al caro vita. Ma su questo fronte siamo in ritardo. «La maggior parte dei rinnovi siglati nel 2022 - rileva l’Istat - hanno fissato incrementi più in linea con l’evoluzione dell’inflazione, ma rappresentano meno del 10% dei dipendenti complessivi». Lo scorso anno le retribuzioni previste dai contratti sono aumentate dell’1,1%. Una dinamica moderata, nonostante l’intensa attività negoziale, che ha visto 33 contratti rinnovati, per 4,4 milioni di dipendenti. Le maggiori criticità ci sono nel settore dei servizi privati, «con un’ampia quota di dipendenti con il contratto scaduto». 

Export in crescita

Per il resto il rapporto dell’Istat fotografa un Paese, che, nonostante il «contesto internazionale incerto e turbolento», avanza grazie al sostegno della domanda interna. Dopo la pandemia le imprese italiane hanno mostrato resilienza agli shock originati dall’incremento dei prezzi dei beni importati: hanno trasferito sui prezzi di vendita l’aumento dei costi, ma al contempo hanno avviato strategie più complesse per rafforzare la competitività e l’efficienza energetica. 
Bene i servizi, mentre la manifattura mostra segnali di rallentamento. Emerge poi una maggiore propensione all’export nelle grandi imprese (+13,5%). Il rapporto tra il valore delle esportazioni e il valore aggiunto complessivo è migliore, anche a parità di dimensioni, per le aziende più innovative (+11,4%). 

La questione demografica

Ma sul futuro pesano diverse incognite: dall’evoluzione del conflitto in Ucraina all’inflazione, dai cambiamenti climatici alla questione demografica. Le culle sono sempre più vuote: dopo il record minimo di nascite del 2022 (per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400 mila), il calo è proseguito nei primi quattro mesi di quest’anno: abbiamo l’1,1% in meno di bebé rispetto allo stesso periodo del 2022 e il 10,7% in meno rispetto al 2019. Nonostante l’elevato numero di decessi di questi ultimi tre anni, prosegue poi il processo di invecchiamento della popolazione. Gli over 65 sono 14,1 milioni, il 24,1% della popolazione, mentre gli under 14 sono 7,3 milioni (il 12,5%). Non solo: il numero stimato di ultracentenari in Italia ha raggiunto il suo più record storico, sfiorando, al 1° gennaio 2023, la soglia delle 22 mila persone: 2mila in più rispetto a un anno fa. 
 

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