Ue, Renzi e il fronte con Francia e Spagna per piegare i diktat di Berlino

Renzi e Mogherini a Strasburgo
Renzi e Mogherini a Strasburgo
di Marco Conti
Giovedì 3 Luglio 2014, 01:37
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Ancora una volta, come accadde undici anni fa quando Berlusconi diede del kap all’allora sconosciutissimo Martin Schultz, la replica stata pi frizzante.



Stavolta però è Matteo Renzi che schiaccia la palla che, involontariamente, alza il capogruppo del Ppe Manfred Weber. La reazione del presidente di turno della Ue e primo ministro, «l’Italia non accetta lezioni da chi ha già violato il patto», è durissima e scava un solco nel Ppe di Weber - e della sua connazionale Angela Merkel - e tra il Ppe e il gruppo socialista.



Orgoglio. La Cancelliera si vanta di aver intuito per prima le potenzialità del leader italiano - incontrato in cancelleria quando era ancora sindaco di Firenze - e che da ieri veste i panni del leader della sinistra europea. «Un giovane Tony Blair», ha riconosciuto Nigel Farage, inglese e capofila degli euroscettici, che nella «passione» messa da Renzi nel suo discorso riconosce di fatto la pericolosità comunicativa del presidente del Consiglio che ieri davanti al Parlamento europeo ha inizialmente volato alto per poi abbattersi con quell’«orgoglio» chiesto qualche ora prima alla pattuglia degli eurodeputati italiani guidati dai due vicepresidenti del parlamento Sassoli e Tajani.



«In Europa per farci sentire» è la linea del presidente del Consiglio che intende usare sino in fondo il palcoscenico offerto dal Semestre per mettere in crisi i tradizionali equilibri. Ieri pomeriggio per qualche minuto si è temuto che a farne le spese poteva essere lo stesso Jean Claude Juncker che il 16 verrà eletto al ruolo di presidente della Commissione. L’apertura agli inglesi, immediatamente raccolta da David Cameron, è però il segnale di come il premier italiano intende costruire nuove alleanze in seno alla Commissione e al Consiglio Europeo. La vera partita si gioca infatti proprio lì e non certo nel Parlamento europeo dove senza accordo tra Ppe, socialisti e liberali si rischia la paralisi.



La costruzione di un fronte che bilanci l’Europa a trazione tedesca parte dall’esigenza indicata da Renzi di costruire un Europa che non abbia solo l’euro come destino. Il selfie che il presidente del Consiglio scatta somiglia molto ad un auspicio di rottamazione di una vecchia elite burocratica che deve lasciare il passo alla «generazione dell’Erasmus».



La richiesta di un trapasso generazionale, immediatamente respinta da Barroso che ha rivendicato i meriti della sua Commissione ricordando anche perfidamente la situazione dell’Italia nel 2011, crea i presupposti di una battaglia interna che mira a cambiare gli equilibri di una Ue troppo germanocentrica.



Sforati. Le difficoltà della Francia del socialista Hollande, sottolineate ieri dal tedesco Weber («ha chiesto tempo per fare le riforme ma non si sono viste»), saldano un fronte che Renzi intende consolidare con Manuel Valls e allargare, oltre che alla citatissima Grecia, anche alla Spagna e Portogallo.



Una linea mediterranea contro il patto inteso come sola stabilità e niente crescita e per chiedere a Berlino conto anche dei suoi sforamenti ”in alto”, ovvero sull’export tedesco che da anni supera abbondantemente il 6%, parametro già di per sè generoso nei confronti di Berlino. D’altra parte per sostenere la domanda interna la Merkel dovrebbe rivedere anche le regole dei mini-jobs che permettono all’economia tedesca di avere una gran massa di lavoratori a salari bassissimi. Renzi, che ieri ha accusato la Germania di aver sforato nel 2003 il patto, è pronto ad attaccare Berlino anche sul fondo salva stati al quale la stessa Italia ha partecipato e che, per quanto riguarda la Grecia, ha messo nel sistema denaro che è servito a salvare le banche tedesche che in Grecia erano particolarmente esposte.



Finlandia. Al motto di «noi salvatori e non salvati» come vorrebbe il «pregiudizio» tutto tedesco, Renzi è pronto al braccio di ferro già dal prossimo Consiglio Europeo del 16 luglio nel quale si dovranno decidere le principali nomine della Commissione e stabilire gli equilibri per la divisione delle deleghe. E’ facile prevedere che lo scontro più accesso si avrà nella scelta del successore dell’intransigente Olli Rehn alla delega degli Affari economici e monetari. L’Italia, dopo dieci anni di gestione finlandese, proverà a sbarrare la strada all’ex premier Katainen.
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