Napoli, il riscatto di Secondigliano: palazzo del clan Di Lauro destinato a progetti sociali

Via Cupa dell’arco, via alle procedure di assegnazione dell’edificio a 3 piani di fronte alla villa di Ciruzzo ’o milionario

Secondigliano
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Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Lunedì 5 Febbraio 2024, 23:06 - Ultimo agg. 7 Febbraio, 07:25
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Da roccaforte del clan Di Lauro a strada simbolo della rinascita della legalità: via Cupa dell’Arco, luogo d’elezione della famiglia malavitosa. Al numero 41 di quella strada c’è una lussuosa villa dove attualmente è acquartierata una unità operativa della polizia municipale; nell’edificio di fronte, al numero 11 di quella stessa strada, vivevano familiari o consociati del clan che sono stati sgomberati a fatica. In quel palazzetto su tre livelli, fra qualche mese, entrerà un’associazione del terzo settore che realizzerà progetti sociali.

Il percorso di confisca del patrimonio appartenuto a Paolo Di Lauro, “Ciruzzo ‘o milionario”, è stato lungo e complesso.

Il primo decreto risale al marzo del 2004, vent’anni fa. Quella decisione è stata confermata nel 2010 dalla Corte d’Appello e poi nel 2011 dalla Corte di Cassazione. Solo a far data dal 12 ottobre del 2011 parte la procedura burocratica definitiva per l’acquisizione dei beni del capo dei Di Lauro.

Passano ancora quattro anni prima che, nel 2015, il palazzo al numero 11 di via Cupa dell’Arco venga trasferito al patrimonio del Comune di Napoli per essere destinato a finalità sociali ed è solo a gennaio del 2022 che arriva la definitiva trascrizione in favore di Palazzo San Giacomo presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari. Da quel momento inizia il percorso di trasformazione dell’edificio in luogo di rinascita sociale e civile. 

Gli ultimi sgomberi di familiari e persone vicine al clan risalgono all’inizio del 2023. Il palazzo è decisamente malridotto e non può essere assegnato a un ente del terzo settore così com’è «necessità di corposi interventi di manutenzione straordinaria per la rifunzionalizzazione», scrive l’assessore De Iesu alla Giunta che esamina la questione. Arriva, però, il salvifico salvagente economico da parte della Regione Campania che annuncia la possibilità di accedere a un finanziamento da 360mila euro proprio per rimettere in sesto i beni confiscati alla malavita.

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Parte subito la procedura per ottenere i fondi ma, prima, è necessario coinvolgere un ente che abbia un progetto da far crescere in quell’immobile. Siamo ai giorni d’oggi: c’è una procedura di evidenza pubblica destinata a chiunque abbia un’idea per rendere il palazzo di via Cupa dell’Arco un luogo dove far sgorgare un progetto civile. Si chiedono idee concentrate sull’inclusione sociale, sul contrasto alla violenza di genere, sul contrasto alla povertà o sul sostegno ai minori. Ma, siccome si tratta di un percorso che il Comune vuole condividere, si procederà a una erie di incontri con le associazioni interessate: prima riunione il 19 febbraio, chiunque vorrà partecipare per offrire il proprio contributo di idee sarà ben accetto. A fine marzo si concluderanno gli incontri e si procederà alla consegna delle proposte; si sceglierà quella più adatta che, entro il 30 maggio, dovrà essere presentata alla Regione. 

Poi arriverà la decisione di Santa Lucia e l’assegnazione dei fondi: 300mila euro per ristrutturare l’edificio e 60mila euro per far decollare il progetto e portare un’altra ventata di legalità in una strada che «era un baluardo della criminalità organizzata - scrive De Iesu - ma che, con la restituzione alla collettività di quegli edifici, rappresenterebbe la riaffermazione del primato della legalità sulla malavita».

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