Giovani e fede: il difficile rapporto delle nuove generazioni con la religione

«La fede va oggi coniugata con parole come gioia, festa, bellezza, cura del bene comune e del creato, che rappresenta certamente un elemento di grande attrattiva per i più giovani»

Giovani e fede: il difficile rapporto delle nuove generazioni con la religione
Giovani e fede: il difficile rapporto delle nuove generazioni con la religione
di Roberta Avallone
Lunedì 3 Aprile 2023, 15:00 - Ultimo agg. 19:56
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Il rapporto dei giovani con la fede non è mai stato così debole. Stando alle ultime rilevazioni Demos Coop, tra gli interessi degli under 30 il trascendente è giudicato fondamentale solo dal 7% dei giovani, rendendo questa generazione la più laica di sempre in Italia. Per la prima volta i livelli di disinteresse sono uguali sia per i ragazzi che per le ragazze. I giovani non credono più in Dio, tanto che la percentuale di ragazzi atei si attesta al 28%, mentre i credenti attivi e convinti viaggiano sul 10,5% (Ipsos).

«Certamente l'evidenza maggiore a proposito delle rilevazioni del sentimento religioso degli italiani - afferma don Armando Matteo, teologo e autore di “La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede” - riguarda la crescente indifferenza e il crescente distacco delle generazioni più giovani rispetto al cattolicesimo e al cristianesimo.

Si tratta della fatica di chi non riesce a coniugare la propria crescita nell'umanità al valore di un'esperienza di fede. Questo fenomeno si deve soprattutto a ciò viene chiamata “la rottura della catena della trasmissione della fede”, dovuta a un cambiamento radicale delle popolazioni adulte».

Sempre dalla ricerca di Ipsos risulta che i ragazzi più indifferenti alla religioni sono settentrionali (37%), con istruzione elevata (37%) e con famiglie ben inserite nel tessuto sociale, da cui i giovani traggono modelli di vita. La maggior parte delle famiglie con genitori atei ha infatti figli non credenti

«Gli adulti - aggiunge - hanno mutato radicalmente il rapporto con la vita e con l'umano, e in questo l'esperienza religiosa in generale e la fede cristiana in particolare, sono andate più ai margini. Ciò comporta che all'interno dei vissuti familiari la testimonianza adulta del perché credere, del perché andare a messa e del perché affidare la propria vita ai precetti e alle parole di Gesù, sia una testimonianza piuttosto scialba».

«Il contributo di Papa Francesco - continua don Armando - in questo momento della storia della chiesa è fondamentale. È lui che sta spingendo la Chiesa a trovare modalità nuove per esprimere il senso della fede e del credere, pensando sia agli adulti che ai giovani». 

Già nel corso di un'udienza due anni fa Papa Francesco aveva affermato che «Se dovessimo pretendere di parlare della fede come si faceva nei secoli passati rischieremmo di non essere più compresi dalle nuove generazioni». Riprendendo i precetti del pontefice, don Armando dichiara che «La fede va oggi coniugata con parole come gioia, festa, bellezza, cura del bene comune e del creato, che rappresenta certamente un elemento di grande attrattiva per i più giovani. La chiesa dovrebbe assumere moltissime delle indicazioni lasciate dal Papa e ripensare profondamente al modo di comunicare l'esperienza del credere».

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Non è un caso che sempre più sacerdoti siano sbarcati su Tik Tok con l'obiettivo di comunicare la fede in un modo diverso, capace di attirare l'attenzione e l'interesse dei giovanissimi. «Il mondo digitale offre tante possibilità nonostante non manchino delle ambivalenze. È certo che ridefinisca le nostre emozioni, il nostro mondo interiore e la spiritualità. Personalmente sono molto aperto rispetto a questo mondo e ritengo che come comunità cristiana dovremmo abitarlo di più, con più coraggio e più apertura. Una delle grandi caratteristiche del digitale è, d'altronde, quella dell'autenticità e siccome noi abbiamo un messaggio molto bello che è quello di Gesù lasciato dal Vangelo, perché non entrare con più entusiasmo dentro questo mondo?», conclude don Armando.

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