New York, il Caffè Napoli e l’incredibile storia di Anna Silvestri: la “mamma” di tutti i napoletani d’America

Da Mario Merola a Gigi D’Alessio, il caffè di Anna è una tappa fissa

Anna Silvestri la “Mamma” di tutti i napoletani d’America
Anna Silvestri la “Mamma” di tutti i napoletani d’America
di Luca Marfé
Martedì 27 Giugno 2023, 18:00 - Ultimo agg. 28 Giugno, 08:53
7 Minuti di Lettura

NEW YORK - La “Mamma” di tutti i napoletani di New York, addirittura d’America.

Little Italy, il mondo fermo a un altro tempo: la Signora Anna Silvestri, qui, è un’autentica leggenda vivente.

Per tutti è, molto più semplicemente, “la Signora Anna” e basta.

Per gli immigrati napoletani in particolare è stata, e continua a essere ancora, un punto di riferimento, una mano sempre tesa, un’icona di accoglienza, e di generosità.

Una “Mamma”, appunto.

Regina di queste strade. Testimone, ma anche artefice, di decenni e decenni intensi.

Classe 1934, 88 anni adesso. Nata negli Stati Uniti, figlia di una primissima ondata di immigrazione partenopea, torna in Italia con la sua famiglia quando di primavere ne aveva soltanto due. Sua madre non amava un granché la vita americana e così la riporta a casa, in quella Sant’Anna di Palazzo, dei Quartieri Spagnoli di Napoli, dove tutto era cominciato. Subito dopo ci ripensa, paradossalmente l’America le manca già, ma le frontiere chiudono e le sue radici si rivelano una trappola, strangolate nel dramma della questione internazionale del secolo: scoppia la Seconda Guerra Mondiale. Dramma nel dramma, ironia amarissima di una sorte complessa, sua madre muore quando lei aveva 15 anni, e così si ritrova a crescere i suoi fratelli, e a fare loro a sua volta da mamma

Una vita avventurosa, che sembra un romanzo, sin dalle prime pagine, sin dall’inizio.

Compie 18 anni e non ci pensa su neanche un secondo di più: riparte. Destinazione America, naturalmente. Approda ad Harlem, dove vanta una zia di nome Carmela e il suo ristorante quasi omonimo, “Monte Carmela”, tra le cui mura comincia a lavorare sodo.

A un certo punto però, verso la fine degli anni ’50, è suo padre a prendere l’iniziativa. È lui, infatti, che compra un appartamento a Mulberry Street, con la giovane Anna che si traferisce stabilmente a pochi passi, in quella Grand Street dove vive ancora oggi.

Aprono presto un locale all’angolo, rilevano una pizzeria di scarso successo ma non scadente. Lei comincia seriamente a mettersi in gioco, a rischiare. Emerge, finalmente, la sua personalità forte. Comincia, insomma, a fare sul serio. A costruire quello che sarebbe diventato il mito della “Signora Anna”.

Locale che nasce sulle fondamenta di un aneddoto, che la stessa Anna ci tiene a raccontare.

Marta era una sua amica argentina.

Una donna molto bella, che si auto definiva una sensitiva. La accompagna, dà un’occhiata tutt’intorno, e di colpo non ha dubbi:

«Prendila! Prendi questo ce**o di pizzeria, me lo sento, qui farai un sacco di soldi!»
Detto, fatto.

La prima di tutta Little Italy a mettere i tavolini fuori. Attorno a quei tavolini, senza esagerare, nasce una sorta di “Piazza Italia”, si sviluppa negli anni la vicenda di un’intera Comunità Italiana (Napoletana). Tutti chiudono alle 5 del pomeriggio. Lei decide di tenere aperto fino a tardi.
Il risultato?
Si finisce il turno di lavoro, e si va dalla Signora Anna.
Al Caffè Napoli.
Che si riempie di giorno in giorno.
Che scrive la storia, non soltanto degli incassi e dei soldi, ma anche e soprattutto del successo, di Napoli, e della Storia stessa.

Senza saperlo, o almeno senza rendersene neanche troppo bene conto, è un po’ come se avesse inventato lei il “modello Little Italy”.

E pensare, sottolinea ancora Anna con un sorriso ancora pieno di charme, che all’inizio volevano realizzare il loro sogno americano con…un negozio di scarpe.

Mai cambio di rotta fu più azzeccato.
Mai sogno, di Napoli e di caffè, fu più realizzato.


(In foto, la generazione attuale del Caffè Napoli: Louis Fontana, Gina Fontana, Anthony Fontana, Carmela Tortoriello, Carmine Fontana, Maria Giuga, Richard Giuga)

Passa un attimo, e diventa tappa fissa per i cantanti napoletani più famosi.

Su tutti, «The King» Mario Merola, di cui di visita in visita, di chiacchierata in chiacchierata, si ritrova a essere grande amica personale, confidente intima, e pure figurante, in molti dei suoi film. A seguire, Gigi D’Alessio, con un episodio in limousine che racconta Enzo Aurioso, oggi imprenditore noto e affermato, ieri impiegato e autista della Signora Anna:

«Lo portavo in giro insieme alla moglie, mi fece ascoltare “Non dirgli mai” in macchina, in anteprima, prima ancora di portarla a Sanremo!».

E così via: Nino D’Angelo (anche qui figurante in “Uno scugnizzo a New York”), Renzo Arbore, Mauro Nardi e tantissimi altri, tra cui anche, proprio di recente, Massimo Ranieri.

Leggenda tra le leggende, insomma.

Inoltre, piccolissimo particolare, il Caffè Napoli di quegli anni spalancava le sue porte, regolarmente, anche per un certo…Diego Armando Maradona.

Sempre ospiti della Signora Anna, che non accettava mai di essere pagata.
Ma viveva in primis in prima persona il suo spirito di accoglienza, in particolare tra napoletani.

Padrona di casa impeccabile, quasi ossessionata dalla presenza di personale italiano, poche pochissime regole chiare:
«Senza orecchini e senza barba. Sistemàti».

Ed è qui, è esattamente qui, che al di là dei suoi ospiti Vip emerge il vero spirito della Signora Anna. Tra tutti i giovani, e meno giovani, che hanno lavorato per lei. Tra tutti coloro che sono passati per di qua, anche soltanto nel corso del loro vagabondare americano. Tra chi non aveva letteralmente nulla, neanche la proverbiale valigia di cartone.

La Signora Anna c’era. E c’è ancora.
Ha letteralmente mantenuto persone, elargito regali, persino appartamenti.

Veniva dal basso, era nata dentro l’abitudine di non avere nulla, ma di avere il cuore grande. E così non ha mantenuto “soltanto” persone, ma ha mantenuto questo suo approccio di costruire e costruire e costruire, e al tempo stesso di tendere una mano.

La Signora Anna ha veramente trovato la sua America, e voleva dunque condividerla, condividere la sua fortuna, con chi non aveva avuto (altro che fortuna!) il suo stesso talento.

Si è goduta la vita, ma con tutti quanti al sèguito.

Se avesse voluto guardare esclusivamente ai propri interessi, oggi sarebbe stramilionaria. Ma non sarebbe la Signora Anna. La Leggenda che è, proprio per questo. Proprio perché è nel cuore di tutti coloro che ha aiutato, ad esempio con biglietti aerei, inviti, viaggi nel suo super attico di Acapulco, dove qualcuno narra si facesse portare il baccalà in valigia, dai suoi amici, dalla sua Napoli.

Care vecchie abitudini di una napoletana fiera, che ha conservato sempre, anche grazie alla sua cerchia più ristretta di amici, tra cui Franco Lisi, che alla sua presenza, letteralmente con le lacrime agli occhi, la racconta senza mai utilizzare mezzi termini, come un autentico mito.

Da allora, da quegli anni d’oro fino a oggi, torna ogni anno in Italia, a Ischia, per la Festa di Sant’Anna.
«La magia, il fuoco sul mare, e comm’ è bbell’!»

Ora è a lei che viene da piangere.

Video

Due mesi fissi, e poi ritorno altrettanto fisso a New York, per la Festa di San Gennaro che anima Little Italy oramai da circa 100 anni.

Quella Little Italy che in qualche modo ha “inventato” lei.

Forte. Bella. Elegante.
Una sorta di diva di Hollywood, mancata un po’ per caso e un po’ per destino.

Perché, evidentemente, il suo destino era questo: diventare la “Mamma” di tutti i napoletani di New York.
Addirittura la “Mamma” di tutti i napoletani d’America
.

© RIPRODUZIONE RISERVATA