Caivano, le mani del boss sulle scuole dell'infanzia: «In ballo i fondi del Pnrr»

I lavori pubblici assegnati a imprenditori amici, che davano tangenti agli amministratori e al clan

Una veduta del Parco verde di Caivano
Una veduta del Parco verde di Caivano
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 12 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 17:54
5 Minuti di Lettura

Erano capaci di influenzare le decisioni del consiglio comunale anche su questioni che riguardano l'ambito scolastico. In grado di decidere se una scuola poteva rimanere aperta o doveva trasformarsi in una struttura sanitaria, magari grazie a finanziamenti pubblici con i fondi del Pnrr, su cui potevano far scendere in campo i propri amici imprenditori; potevano stabilire se alcune classi di bambini dovevano essere spostate lontano dalle loro abitazioni, in una sorta di deportazione didattica finalizzata a raggiungere un solo obiettivo: incassare soldi delle manutenzioni. È questo uno dei filoni dell'inchiesta culminata due giorni fa nell'esecuzione di otto arresti - tecnicamente fermi di pm -, tra ex amministratori e politici di Caivano, boss della camorra e imprenditori in odore di clan. Inchiesta choc, che ha investito una zona diventata teatro di fatti agghiaccianti, come gli stupri consumati ai danni di due bambine, tanto da finire al centro dell'agenda governativa. Una storiaccia, che ruota attorno al lavoro dell'ex assessore Carmine Peluso, all'ex consigliere di maggioranza Giovanbattista Alibrico, al segretario di Italia viva Armando Falco, al funzionario tecnico Vincenzo Zampella, che sarebbero stati complici del boss Antonio Angelino, in uno schema abbastanza chiaro: i lavori pubblici venivano assegnati a imprenditori amici, che davano tangenti agli amministratori e al clan. Una sorta di mercato di «determine» che non avrebbe risparmiato alcun aspetto dei lavori pubblici. Tanto che c'è un capitolo legato alle scuole. 

Inchiesta condotta dai pm De Ponte, De Renziis, Frasca, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Rosa Volpe, restiamo alla storia del settore scolastico, alla luce delle verifiche condotte dai carabinieri del comando provinciale del generale Enrico Scandone: «Uno spaccato inquietante: il gruppo criminale organizzato operante sul territorio di Caivano diretto da Antonio Angelino è capace di esercitare un controllo capillare sull'amministrazione comunale, poiché in grado di influenzare le decisioni del consiglio comunale anche su questioni che riguardano l'ambito scolastico».

Ma a cosa fanno riferimento gli inquirenti? È il caso del voto in Consiglio comunale, con il quale si decideva di creare un ospedale di prossimità in una scuola materna del Parco verde. Una scuola fresca di restauro, per altro costato 350mila euro, che - secondo il voto consiliare - doveva essere adibita a ospedale, rendendo necessario il trasloco di circa cento bambini iscritti alle elementari. È il caso della Ada Negri, su cui conviene sentire la voce del preside Bartolomeo Perna, costretto a prendere atto di una delibera di consiglio comunale che - almeno da un punto di vista formale - disarciona lui e i suoi alunni.

Spiega al Mattino il dirigente: «Dirigo la Ada Negri da 19 anni, di recente la struttura è stata restaurata, con un impegno di spesa di 350mila euro. In primavera la doccia fredda, quando in Consiglio comunale tutte le forze politiche - da maggioranza a opposizione - votano per destinare la nostra scuola ad ospitare un ospedale. E noi? Saremmo stati deportati. Non parlo per me, ma per i miei cento alunni, che - alla luce del provvedimento preso in Consiglio - sono tenuti a lasciare». Un trasferimento bloccato - almeno per il momento - dallo scioglimento del Comune dello scorso agosto, ma anche dagli approfondimenti investigativi sul caso della Ada Negri e del presunto pressing politico mafioso esercitato su alcuni istituti. E non è un caso che questa mattina il preside Perna incontrerà il commissario prefettizio, per affrontare la questione dello stop al deliberato consiliare. Obiettivo: garantire una normalità scolastica per i cento alunni di parco Verde. E non è tutto. Agli atti anche alcune intercettazioni in cui si ascolta la voce del preside Perna, mentre dialoga con alcuni soggetti finiti sotto inchiesta (e destinatari del trojan): «Minacce dai mafiosi di turno», dice il preside, a proposito di alcune defaillance di consiglieri e uomini politici nel voto decisivo. Una vicenda che dovrebbe essere ricostruita anche sulla scorta delle testimonianze che verranno messe agli atti in questi giorni. 

 

Resta uno scenario «inquietante», per usare l'aggettivo dei pm, su cui sono in corso le verifiche dei carabinieri. Tutti i soggetti colpiti dal fermo di martedì mattina avranno modo di raccontare la propria versione e di mostrare la correttezza del proprio lavoro, alla luce degli atti finora acquisiti. Vanno considerati non colpevoli fino a prova contraria.

Video

Sono diversi i punti da approfondire. Come la storia delle gare di appalto per il ciclo di raccolta dei rifiuti, su cui è stato ascoltato come testimone anche il sindaco Vincenzo Falco. Non è indagato, sostiene di non aver ricevuto alcuna segnalazione a proposito del pressing camorristico. Eppure agli atti spicca la testimonianza della consigliera Giovanna Palmiero che ha fatto riferimento alle pressioni criminali sul lavoro del marito Luigi Muto: «Ero in riunione, tra novembre e dicembre del 2022, quando mio marito mi chiamò al telefono. Era stato raggiunto da due uomini in sella a una moto e con il casco integrale, mi disse che dovevo uscire da una riunione e contrastare politicamente la posizione di tre consiglieri». In ballo, la possibilità di creare una società in house nel Comune, piuttosto che bandire una gara europea. Stando alla ricostruzione dell'ex sindaco Falco, non ci sarebbe stata nessuna comunicazione da parte della consigliera di pressioni o intimidazioni su una materia tanto delicata. Verifiche in corso. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA