Non c'era cantiere che non passava al vaglio del gruppo di estorsori. Ogni componente della banda aveva un ruolo ben determinato. C'era chi girava in lungo e in largo a scovare cantieri di ogni genere, da costruzioni di palazzi a ristrutturazioni, chi rubava scooter e trafugava targhe, chi infine si recava dai titolari delle aziende o dagli operai per inoltrare la richiesta di estorsione.
I gregari del clan non si sono fermati dinanzi a nulla e tra marzo e aprile hanno messo a segno una serie di azioni criminali nei confronti di cinque aziende. Qualche imprenditore però, almeno stavolta, non ha scelto il silenzio e ha denunciato il tentativo perpetrato nei suoi confronti, dando la possibilità di aprire altre piste percorse poi dai carabinieri e di far emettere il decreto di fermo per i componenti del gruppo.
Si tratta di Giuseppe Mele, 43 anni, Gaetano Mele, 38 anni, Nicola Sarnataro, 56 anni, Gennaro Mariniello 45 anni e Ernesto Cecere 46 anni. Il fermo, emesso dalla Procura di Napoli, Direzione distrettuale antimafia, è stato eseguito dai carabinieri della compagnia di Giugliano guidati dal capitano Matteo Alborghetti. I cinque sono gravemente indiziati dei reati di tentata estorsione continuata e di ricettazione, aggravate dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare l'organizzazione di stampo camorristico, ovvero il clan Mallardo.
Le richieste estorsive venivano inoltrate sopratutto dai cugini Mele, che a bordo di moto rubate o con targhe trafugate e con i volti coperti dai caschi, per non essere riconosciuti, intimidivano gli imprenditori e gli operai con le solite frasi: «Chi è il masto? Sapete dove dovete venire, dovete venire dai compagni», «il masto dove sta? Dovete togliere mano altrimenti abbuscate» oppure «Scendete e posate i ferri, scendete immediatamente da lì sopra».
Insomma frasi inequivocabili. I militari dell'arma, dopo la prima denuncia, hanno quindi avviato le indagini e ascoltato operai e imprenditori che hanno raccontato le vessazioni e le modalità di azione degli affiliati. Secondo le ricostruzioni dei militari, ci sarebbero stati imprenditori che avevano già pagato il clan e avvisato la cosca dell'inizio dei lavori. A dimostrarlo sono le stesse intercettazioni nelle quali si evince che il gruppo lamentava una mancata e poco accurata organizzazione.
Ad informarli sono gli stessi operai che comunicano loro il nome dell'impresa al lavoro. Chiarito il malinteso, all'arrivo del responsabile del cantiere, fanno perdere le proprie tracce. A seguire i loro passi c'erano però i carabineiri che tramite le immagini di videsorveglianza hanno ricostruito percorsi e movimenti giorno per giorno. Grazie alle intercettazioni e all'analisi delle immagini che li ritraevano vestiti sempre allo stesso modo, i militari hanno messo insieme il puzzle e fatto scattarele manette.