C'è una tegola, almeno una, che potrebbe essere evitata ai bambini del Parco Verde. Se tutto andrà come deve, non saranno privati della loro scuola elementare, peraltro appena ristrutturata e tirata a lucido con circa 300 mila euro di soldi pubblici. Una rarità al sud. La Ada Negri - scuola di Fortuna Loffredo e frequentata ancora del bambino che qualche mese fa ha abbracciato un carabiniere sussurrandogli anche «ti voglio bene», nonostante qualche notte prima avesse arrestato il suo papà - secondo un progetto che risale alla primavera scorsa dovrebbe fare posto a un ospedale di comunità. Progetto frenato finora perché per la sua realizzazione occorrono sei milioni di euro, che non si trovano da nessuna parte. Ma a bloccarlo (forse) definitivamente è il niet del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Che mercoledì scorso, il giorno prima della visita della premier Giorgia Meloni, ha convocato i dirigenti scolastici e gli amministratori del territorio, per Caivano uno dei due subcommissari prefettizi, visto che il sindaco è stato sfiduciato da maggioranza e opposizione. «La scuola resta aperta, l'ospedale lo facciamo da un'altra parte», ha sbottato il governatore di fronte all'ipotesi di chiusura della scuola del Parco Verde. Un impegno che qui tutti si aspettano che venga confermato, salvando così uno dei rari presidi di legalità all'opera in questa parte di territorio davvero complicata. Paradossalmente, un effetto positivo della orrenda storia degli stupri di gruppo su due cuginette di 11 e 12 anni, alunne proprio dell'Ada Negri: una storia terribile che ha acceso i riflettori sulle condizioni di degrado e abbandono di quest'area, diventata ostaggio di criminali e spacciatori. Da Santa Lucia l'indicazione è stata forte e chiara: in quel quartiere non è pensabile sottrarre punti di riferimento fondamentali per la crescita individuale e sociale. Oltretutto, se con il progetto ospedale si andasse avanti, come rilevato dal parlamentare Alleanza Verdi e Sinistra Francesco Emilio Borrelli, i circa novanta piccoli alunni sarebbero costretti ad una «deportazione» forzata negli istituti del centro di Caivano, distante qualche chilometro dal Parco Verde, e irraggiungibile con i mezzi pubblici, che semplicemente non esistono.
In questa scuola, negli ultimi due anni, c'è stata una testimonianza concreta di quella resilienza civica, silenziosa, pacata, mai gridata da quelle barricate sempre pronte, in posti come questi, ad essere innalzate da genitori dei piccoli alunni. Che hanno mandato a scuola i figli con due paia di calzerotti di lana, sciarpe e abbondanti giacche a vento, perché non c'era il riscaldamento. Hanno contribuito a proprie spese, sottraendo i soldi all'esangue bilancio domestico, all'acquisto di carta igienica e altri prodotti necessari alla vita quotidiana della povera scuola. Una resistenza sotto traccia, sorprendente, a testimoniare che questa comunità credeva e ancora crede nell'istituzione scolastica, unico faro di luce in tutto questo maledetto buio. E il tutto sarebbe passato sotto silenzio. Ma il Parco Verde e la sua infanzia, che qui non è nemmeno negata visto che in questi palazzoni non è mai esistita, sono finiti nel tritacarne mediatico scattato dopo la vicenda dello stupro di gruppo. È arrivata la presidente del consiglio Giorgia Meloni, e con lei tre ministri, compreso quello della Pubblica Istruzione. Una chiusura a questo punto sarebbe davvero un controsenso. «Un piano B l'avevamo già preparato», racconta il dirigente dell'Ada Negri, Bartolomeo Perna: «Durante l'estate abbiamo liberato alcuni locali, tra cui l'archivio e qualche laboratorio, per evitare agli alunni la deportazione.