Stupro di Caivano, ai domiciliari uno dei due maggiorenni indagati

Il 19enne ai domiciliari in Veneto

Il Parco Verde di Caivano
Il Parco Verde di Caivano
di Luigi Sabino
Giovedì 30 Novembre 2023, 23:04 - Ultimo agg. 2 Dicembre, 07:35
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Domiciliari per uno dei due maggiorenni indagati per gli abusi sessuali ai danni delle due cuginette di Caivano. È quanto deciso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, Fabrizio Forte, accogliendo, nonostante l’opposizione della Procura, l’istanza della sostituzione di misura cautelare avanzata dal difensore del ragazzo, il penalista Giovanni Cantelli. Il diciannovenne, quindi, passerà dal carcere, dove è recluso, alla detenzione in casa in un comune del Veneto oltre che a essere sottoposto alla misura accessoria del braccialetto elettronico. Una scelta, quella del magistrato, motivata dalla necessità di allontanare l’indagato dal contesto in cui è avvenuto l’atroce episodio. 

Nel dispositivo, infatti, si legge che le violenze ai danni delle due ragazzine, rispettivamente di dodici e dieci anni sono da collocare «in un contesto territoriale di profonda incuria e abbandono e sono state agevolate dal senso di appartenenza al gruppo criminale dei suoi membri, quasi tutti minorenni o poco più che maggiorenni (logica del branco)». Per questo motivo, la decisione di allontanare l’indagato da Caivano, e in particolar modo dall’area del Parco Verde, «appare elemento piuttosto rassicurante in ordine alla rescissione dei legami con il predetto contesto, inducendo a confidare in un’adeguata capacità autocontenitiva». 
Una decisione salutata con favore dai difensori del diciannovenne che, a più riprese, hanno riferito delle precarie condizioni psico-fisiche del loro assistito affetto da un «ritardo mentale di grado medio con difficoltà di apprendimento».

Condizioni che, hanno proseguito i difensori, si sarebbero aggravate durante la detenzione in carcere e a cui si sarebbe aggiunta anche una grave sindrome depressiva. Di parere diametralmente opposto, invece, quello della Procura che con ogni mezzo aveva osteggiato la possibilità che il giovane lasciasse il carcere. Per i giudici che indagano sull’accaduto, infatti, il diciannovenne avrebbe una “personalità violenta e altamente trasgressiva” che, unita al ruolo da protagonista avuto nella vicenda delittuosa rendevano necessaria una sua permanenza all’interno di un penitenziario.

Una storia atroce quella che ha visto al centro della scena il diciannovenne e che inizia la scorsa estate quando i genitori di una delle due giovanissime vittime si presentano dai carabinieri per raccontare gli abusi di natura sessuale di cui la loro figlioletta e una sua cugina, anche lei poco più che una bambina, hanno subito dall’indagato e da un gruppo di suoi amici, molti dei quali minorenni. Le indagini partono immediatamente e nel giro di poche settimane chiudono il cerchio intorno al branco. In tutto sono nove gli indagati. Oltre al diciannovenne, finiscono nel mirino dell’Arma un diciottenne e sette minorenni. Le accuse nei loro confronti sono pesantissime. Avrebbero abusato delle due vittime approfittando del fatto che una di loro, invaghitasi di un componente della banda, all’interno di un centro sportivo abbandonato del Parco Verde, complesso di edilizia popolare diventato una roccaforte di criminalità di ogni genere. Una vicenda a tinte fosche quella portata alla luce dai militari dell’Arma che hanno ricostruito l’accaduto. 

Video

A far scoppiare la bomba, le voci arrivate all’orecchio del fratello di una delle vittime che, incalzata, avrebbe riferito tutto alla famiglia spingendola a denunciare. Un racconto che la bambina e la sua cuginetta, assistite anche da psicologi, hanno confermato anche dinanzi agli investigatori permettendo l’identificazione dei componenti del branco. Numerosi gli episodi di violenza ricostruiti a cominciare dalle minacce con un bastone che uno dei baby aguzzini avrebbe rivolto a una delle vittime per abusarne. Il più terribile, però, sarebbe avvenuto presso l’abitazione di uno degli indagati, anche lui giovanissimo, che, nel corso di una videochiamata, avrebbe “documentato” le violenze su una delle vittime. Un video che, poi, sarebbe circolato sui telefonini dei membri del branco diventando una micidiale arma di ricatto per le due piccole vittime. La paura che venisse divulgato, infatti, le costringeva a subire in silenzio le vessazioni della banda.

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