Coronavirus a Napoli, l'ospedale San Giovanni Bosco diventa Covid Center: 72 malati da trasferire

Coronavirus a Napoli, l'ospedale San Giovanni Bosco diventa Covid Center: 72 malati da trasferire
di Melina Chiapparino
Sabato 31 Ottobre 2020, 10:00 - Ultimo agg. 14:04
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Chiude un pronto soccorso e apre un Covid Hospital. È così che a Napoli la rete dell'assistenza ospedaliera è stata rivoluzionata per fronteggiare l'emergenza Coronavirus sempre più grave con l'impennata dei contagi e la difficoltà nel reperimento dei posti letto. Il cambiamento stavolta è stato drastico e repentino perché, da ieri mattina, l'ospedale San Giovanni Bosco è chiuso con l'obiettivo di trasformarlo, il prima possibile, in un centro dedicato esclusivamente all'assistenza dei contagiati. La città ha perso un pronto soccorso che serviva un'area di circa mezzo milione di abitanti. Nel quartiere a ridosso di via Filippo Briganti ora c'è malumore per la conversione inaspettata e improvvisa dell'ospedale. 

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L'ospedale San Giovanni Bosco diventerà una struttura per la degenza Covid ordinaria e polispecialistica, per garantire il ricovero e la cura anche di pazienti con patologie pregresse aggravate dal virus. Entro domenica il presidio dovrà essere svuotato dei degenti che, al momento, sono 72 ricoverati, negativi al virus e assistiti in vari reparti, e 8 pazienti del pronto soccorso, tra cui 5 positivi e 3 casi sospetti.

I loro trasferimenti sono iniziati ieri mattina «con la priorità di spostarli sul territorio napoletano» come indicato da Ciro Verdoliva, direttore generale dell'Asl Napoli 1, che ha fissato per l'11 novembre la data di apertura. Sulla carta il Covid San Giovanni Bosco sarà dotato di 40 posti ordinari a cui si dovranno aggiungere 6 di Ortopedia, 8 di Cardiologia e 4 in Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, 15 di Chirurgia generale che includeranno la Chirurgia vascolare e la Neurochirurgia e 12 in Ostetricia Ginecologia ma non ci saranno posti di Sub Intensiva o Terapia Intensiva. La presenza di anestesisti e della Rianimazione, infatti, servirà solo nell'attività post operatoria conseguente ai ricoveri nelle aree polispecialistiche. 

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La prossima settimana cominceranno gli adeguamenti strutturali per dotare il presidio di percorsi differenziati, aree per la vestizione e svestizione, stanze di isolamento dedicate e tutto ciò che è necessario «per garantire la sicurezza degli operatori sanitari e dei pazienti» annuncia Verdoliva che ricorda come l'esperimento del Loreto Mare, convertito in Covid Center durante la prima fase della pandemia, sia stato «un esempio di trasformazione ben riuscita, senza focolai di contagi tra il personale». La trasformazione avverrà anche per il personale sanitario che seguirà una formazione specifica per prepararsi a lavorare nei reparti Covid, esattamente come avvenne per il Loreto Mare. «Ci saranno lezioni frontali e pratiche, suddivise per piccoli gruppi e di circa due ore ciascuna con l'obiettivo di fornire tutte le indicazioni tecniche e funzionali per lavorare in massima sicurezza» chiarisce Franco Faella, infettivologo e coordinatore del reparto Covid 19 del Loreto Mare che preparerà anche il personale della Doganella. 

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Le polemiche sono esplose fin dalle prime ore dell'annunciata conversione dell'ospedale che, per molti comitati cittadini, poteva essere «risparmiato». Al suo posto, come si legge sui social dove si sono rincorse le opinioni di associazioni, cittadini e rappresentanti sindacali, è stato indicato «l'ospedale San Gennaro, alcuni reparti dei Policlinici napoletani, il Cto», oppure si propone «il coinvolgimento di strutture private» con cui fare rete. Ma il manager Verdoliva ha spiegato che un cambiamento complesso e veloce «richiede un ospedale dotato di Tac, Risonanza magnetica, sale operatorie attrezzate e tutte le strumentazioni in grado di assicurare la massima assistenza ai pazienti» sottolineando che ora l'emergenza è «ad un livello di gravità assoluta». 

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