Covid a Napoli: «Diuretici ai malati gravi», funziona la cura antivirus

Covid a Napoli: «Diuretici ai malati gravi», funziona la cura antivirus
di Ettore Mautone
Martedì 8 Dicembre 2020, 23:30 - Ultimo agg. 9 Dicembre, 11:01
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L’epidemia in Campania è in calo e per la prima volta, dal 20 novembre, la Campania scende sotto quota 100mila contagiati che tuttavia restano, con i 104mila della Lombardia, il più alto numero in Italia. Nonostante il calo ieri si contano in Campania tre nuovi ingressi in terapia intensiva e 58 nuovi ricoveri. Malati che continuano ad aver bisogno di cure. Quali sono le novità sul fronte delle cure? 

Nell’armamentario dei rianimatori che lavorano al letto dei malati di Covid in forma severa, si affaccia l’uso, ad alte dosi, di diuretici. L’obiettivo è ridurre la presenza di liquidi nel polmone danneggiato dall’infezione. «In un recente, approfondito lavoro scientifico, pubblicato su Journal of intensive care - avverte Giuseppe Servillo, ordinario di Anestesia e rianimazione del Policlinico Federico II - si rappresenta l’utilità dei diuretici nelle gravi insufficienze respiratorie Ards. Questo approccio funziona anche nelle forme avanzate di Covid sebbene l’insufficienza respiratoria, indotta da Sars-Cov2, abbia caratteristiche diverse da quelle che siamo abituati a vedere e trattare.

Quando la polmonite si aggrava - aggiunge Servillo, che ha in carico una ventina di pazienti intubati al Policlinico - e la ventilazione artificiale diventa complicata con ipossiemia grave (carenza di ossigeno nel sangue) e c’è necessità di porre il paziente in pronazione (per consentirgli di sfruttare le parti ancora sane del polmone) l’associazione di dosi massive di diuretici per alcuni giorni sta dando risultati soddisfacenti. Soprattutto nei pazienti anziani che nascondono un po’ di scompenso di cuore. Gli autori dello studio hanno ritrovato un miglioramento della mortalità nelle insufficienze respiratorie gravi, noi lo facciamo di routine e abbiamo ridotto di parecchio la mortalità». 

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Anche la rianimazione del Cotugno, diretta da Fiorentino Fragranza, insieme con quella del Policlinico, vanta una delle mortalità più basse in Italia. «Noi attuiamo tutti i protocolli conosciuti contro il Covid modulandoli, a seconda dei casi - spiega Fragranza - senza rinunciare anche al Tocilizumab, riservato alle forme in cui si evidenzia un aumento fuori controllo dei parametri infiammatori. Personalmente penso che neppure il vaccino sarà risolutivo e confido negli anticorpi monoclonali sintetici o da plasma iperimmune. Uso correntemente anticorpi aspecifici ma abbiamo iniziato anche con plasma da convalescenti in uso compassionevole». Lo studio “Tsunami” prevede infatti la somministrazione del plasma, nell’ambito della sperimentazione Aifa, solo nelle fasi iniziali di malattia ma non in rianimazione. Nelle forme cliniche meno gravi si sono intanto consolidati protocolli con farmaci diversi da quelli usati nella prima ondata. La principale novità è il via libera all’uso dei comuni antinfiammatori, compresa l’aspirina insieme alla tachipirina (utile soprattutto per tenere a bada la febbre) e nella prima settimana con sintomi lievi vanno usati anche anti-infiammatori non steroidei (Ibuprofene) con una protezione della parete gastrica, insieme a vitamina C (fino a 1 grammo al giorno) e complesso B. Alcuni aggiungono anche la vitamina D e la lattoferrina (solo il liposomi altrimenti è degradata). Nella seconda settimana, viene aggiunto un antibiotico se persiste la febbre e in ospedale un antivirale (come il Remdesivir, l’unico che mostra una certa attività su SarsCov2). Al persistere della sintomatologia gli antinfiammatori non steroidi vanno sostituiti con i cortisonici che non vanno usati durante la prima fase in quanto riducono le difese immunitarie. In questa fase può essere usata anche l’eparina. Occorre poi procedere al costante monitoraggio della situazione cardiorespiratoria, della febbre e della saturazione di ossigeno. Se questa scende sotto sforzo sotto 90% serve il ricovero (ed in ogni caso l’ossigeno terapia).

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